La Natura e i moduli

Su PLoS Biology, nel saggio “Darwin in Mind“, Johan Bolhuis et al. criticano i concetti che fondano troppe ricerche in psicologia evoluzionistica:

– l’adattamento al vecchio ambiente per cui nostri meccanismi psicologici sarebbero quelli che aumentavano la fitness nella savana africana e presunta stabile durante il Pleistocene;
– il gradualismo, un ritardo dei geni nel reagire alla selezione, che frenerebbe l’adattamento agli ambienti cambiati velocemente e vistosamente rispetto alla savana precedente;
– la modularità intrinseca della mente che sarebbe fatta di singoli programmi  “domain specific” (come si dice?) e chissà come si integrano;
– una natura umana universale che ci distinguerebbe dalle altre specie.

Discendiamo da una piccola popolazione di 70.000 individui circa, ma abbiamo una gran variabilità sotto l’apparente omogeneità genetica. Quindi gli psicologi evoluzionisti dovrebbero familiarizzare con i risultati ottenuti in discipline affini, scrivono gli autori, scienze cognitive non solo umane, ecologia comportamentale umana, genetica, modelli teorici di coevoluzione gene-cultura, di rapporti fenotipo-genotipo ecc.  Una sintesi chiara e pacata con una buona bibliografia.

Parte sotto con incise
In termini diplomatici, è l’ennesimo invito a riflettere sui presupposti e a smetterla con la Voodoo science (titolo originale del paper linkato). Rif.  vari post in tema e il pamphlet Neuro-mania di Paolo Legrenzi e Carlo Umiltà, ma non Addio alla Natura di Gianfranco Marrone (Einaudi, 144 pagine, 10 euro) che mette sullo stesso piano resoconti giornalistici e articoli scientifici, neuro-imaging pubblicitario ed esperimenti ben progettati.

Anche lui se la prende con i moduli, ma come se fossero invenzioni e non un riduzionismo indispensabile in psichiatria (dopo certi guasti neuronali, la plasticità e la ridondanza non ripristinano un bel niente). Come se dai tempi di Phineas Gage, non si sapesse che lesioni in determinate zone del cervello producono le stesse alterazioni del comportamento e che queste si esprimono in modi diversi in uomini e donne, laureati e analfabeti ecc.

Marrone deplora la gerarchia accademica che colloca in cima le scienze materialistiche della Natura. “Tra le stranezze di quest’epoca bizzarra”, infatti, “c’è l’entusiasmo per la Natura” (e prima no?) la cui concezione è inficiata dall’ecologismo (il pensiero verde è egemonico, ovvio) da nostalgie d’Arcadia e avanti con i soliti topoi sulla Realtà come puro costrutto sociale.

La neurologia per esempio (della quale discetta in base a due paper scadenti di Semir Zeki, un record di cherry picking) dovrebbe frequentare di più il Dipartimento di scienze umane e sociali, mutuarne le ipotesi di spiegazione e soprattutto imparare dalla semiotica, di cui è professore all’università di Palermo. Letti i suoi “scenari caricaturali”  e 31 pagine sulle confezioni di biscotti bio, la neurologia rischia di rispondere come Bartleby.
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Gianfranco Marrone, dice il retro di copertina, ha curato l’edizione italiana di vari libri di Roland Barthes, mai risentito, “si occupa di linguaggi e comunicazione”, “dirige un Master sul gusto e l’alimentazione”. Eppure il libro sa di bile.