A vanvera

narcisi
Caterina La Porta, Stefano Zapperi e James Sethna pubblicano su PLoS Computational Biology una ricerca di oncolo-meccanica statistica sulle cellule staminali del melanoma. Merita, ne scrivo su Oggi Scienza.

Con Stefano si era discusso di “correlazioni a vanvera”, così mi segnala una critica di David Venet, Jacques Dumont e Vincent Detours sempre in materia di oncologia:

La maggior parte delle firme casuali di espressione genica è associata significativamente con l’esito del cancro al seno

Significativamente mica tanto:

I ricercatori suggeriscono spesso che un meccanismo biologico è rilevante a partire da un’associazione statistica tra un marcatore dell’espressione genica (una firma) di tale meccanismo, scoperto in un sistema sperimentale, con l’evoluzione della patologia nei pazienti… A sorpresa, abbiamo trovato che le “firme” –  non associate a tumori – relative all’effetto delle risate postprandiali, alla sconfitta sociale dei topi, e alla localizzazione dei fibroblasti della pelle, avevano tutte un’associazione significativa con l’evoluzione del tumore al seno.

Dopo aver mostrato che

qualunque insieme di 100 o più geni scelti a caso ha un 90% di probabilità di essere associato con l’esito della patologia,

(non perché gli altri ricercatori siano tutti cretini: le “firme” ci sono davvero), mostrano che per la prognosi le espressioni geniche importanti riguardano la proliferazione delle cellule cancerogene.

Ma – e non possiamo insistere abbastanza su questo punto – non abbiamo mostrato che la proliferazione è alla base della progressione del tumore al seno. Sbrogliare il ruolo di un processo biologico nella progressione in vivo e il ruolo di altri processi associati è un punto cruciale.

Per sbrogliarlo, propongono un pettine (be’, se si usa per le frequenze…) costruito con l’1% dei geni più correlati con una serie di antigeni: l’indice “meta-PCNA” che oltre al PCNA comprende altri marcatori “canonici”  di proliferazione.

E’ solo una proposta, da testare e migliorare via via, non si montano la testa. Su PLoS One,  David Reinhard et al. sono meno modesti e non si curano di dettagli metodologici. In mezzo alle primarie repubblicane, affrontano di petto un tema d’attualità:

Ego costosi: i maschi narcisisti hanno più cortisolo
Il narcisismo è un tratto della personalità caratterizzato da grandiosità, esagerazione della propria importanza e sopravvalutazioni della propria unicità… I narcisisti non clinici sovrastimano le proprie capacità intellettuali, l’avvenenza e altri tratti positivi della personalità.

Per sbrogliare il narcisismo sano da quello malsano e “costoso” per l’organismo, hanno reclutato

106 studenti di un’università del Midwest e di una del Southwest (le proprie: Michigan e Virginia, ndt) di cui 79 femmine e 27 maschi, età media 20,1 anni. Il narcisismo è stato valutato con il Narcissistic Personality Inventory e le concentrazioni di cortisolo basale sono state misurate nella saliva raccolta in laboratorio.

Dopo analisi della regressione, hanno appurato che:

non c’erano differenze tra i sessi né per il cortisolo … né per il punteggio del narcisismo… Quest’ultimo non era correlato con il cortisolo nelle femmine, ma forniva una previsione significativa del cortisolo nei maschi

più affetti da narcisismo “malsano” delle femmine, e ignari di esserlo:

Nessuna relazione è stata trovata tra sesso, narcisismo o la loro interazione nello stress auto-valutato.

I risultati confermano quelli ottenuti con un precedente esperimento che gli autori considerano inadeguato. Oltre alle carenze del proprio che i lettori troveranno facilmente (scelta del campione, assenza di un gruppo di controllo, scarsa significatività ecc.), ne segnalano due mica da ridere.

Il livello di cortisolo varia dal risveglio in poi, ma non hanno chiesto alle cavie da quante ore erano sveglie. A 20 anni, inoltre, è molto probabile che parecchie studentesse prendano la pillola e abbiano livelli diversi di ormoni steroidei. Far compilare il Narcissistic Personality Inventory non basta.