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All’università della California, San Francisco, Galit Shohat-Ophir et al. più Ulrike Eberlein, entrambe specializzate nelle tossicomanie delle drosofile, hanno rinchiuso un tot di moscerini con a testa cinque vergini accoglienti, e un tot con a testa cinque moscerine che accoglienti erano già state con altri e non lo erano più per nessuno.
Recuperati i maschi, hanno offerto loro la solita pappa e una con il 15% di etanolo. I frustrati preferivano quella alcolica, mentre gli appagati mangiavano metà dell’una e metà dell’altra. Stessa preferenza per l’etanolo tra i drosofili vergini e tra quelli lasciati a corteggiare femmine decapitate, invano. Inoltre i drosofili respinti che poi si trovavano una compagna non annegavano più le proprie pene nell’alcol.
Come mai? si sono chieste le ricercatrici.
Nella biochimica murina e umana, l’abbondanza di neuropeptide Y (tra altre molecole) nel circuito cerebrale della ricompensa è inversamente proporzionale alla ricerca e al consumo di alcolici. In quella melanogaster l’equivalente è il neuropeptide F il cui livello nei maschi frustrati, guarda caso, era molto più basso che tra gli appagati.
Sobrietà/appagamento e ubriacatura/frustrazione erano causate dai rispettivi livelli di F, o si trattava di una coincidenza? si sono chieste le ricercatrici.
I maschi ai quali hanno otturato i recettori neuronali dell’F preferivano la pappa alcolica anche dopo amori ricambiati, mentre quelli con recettori potenziati la disegnavano anche dopo esser stati respinti. Per accertare che il circuito sex & drugs & neuropep F fosse uno solo, le ricercatrici hanno insegnato ai moscerini a collegare un particolare odore alla compagnia di una moscerina ben disposta. Quelli con i recettori dell’F potenziati aveva una maggiore preferenza per quell’odore.
Quindi è chiaro che il livello di neuropeptide F regola il circuito della ricompensa e la propensione dei drosofili a bere per consolarsi quando lei non ci sta. Prima che gli mettiate la consolazione sul comodino una sera di mal di testa, sappiate che in Ha detto di no, passami la birra, Troy Zars scrive:
è difficile impedirsi di antropomorfizzare i risultati ottenuti nei moscerini, ma è ovvio che la loro rilevanza per il comportamento umano resta da stabilire.
Però è un uomo.