Catene di trasporto

Da Science

Esther Lapuente-Brun seguita da un folto gruppo spagnolo contesta il “modello fluido” prevalente per la catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri, e sostiene che tutti i complessi del respirasoma, meno uno, non vanno a spasso ognuno per i fatti suoi, ma si federano in super-complessi per incanalare gli elettroni e sfruttare al meglio le risorse.

Forse Gregorio del Laboratorio dovrà aggiungere una strofa una strofa

– anche Maiken Nedergaard parla di trasporto in Garbage Truck of the Brain, a proposito dei mezzi a disposizione del cervello per eliminare i propri rifiuti, tauoni e amiloidi beta legati all’Alzheimer in particolare;

– la Cochrane Collaboration aveva giudicato poco efficace il Tamiflu – rif. anche post “Restauri” di ieri – e Roche sta finanziando una meta-analisi alternativa di esperti (MUGAS) che avrebbero accesso a tutti i documenti.

Con tatto, Martin Enserink segnala che le meta-analisi pagate dalla Roche erano positive, a differenza delle altre. Però MUGAS è diretto da Albert Osterhaus, che ha un conflitto di interessi grande come una casa per via di brevetti, spin-off e consulenze pagate da Big Pharma, Roche compresa.

Ferran Garcia-Pichel et al. usano i dati statunitensi su com’è cambiato il mix dei cianobatteri nei suoli aridi in funzione della temperatura per prevedere l’evoluzione delle loro “comunità”; alcuni tollerano bene un aumento della siccità, altri del caldo, il clade Schizotrix sopporta abbastanza entrambi.

Ma del più tollerante di tutti, M. steenstrupii

practically nothing is known… Therefore, the consequences of replacement in such keystone species cannot be predicted at this time. In the short term, M. steenstrupii should also be considered as inoculum by land managers, in addition to M. vaginatus, for soil management and restoration efforts in arid lands.

Nella “perspective“, Jayne Belnap dice che si sa pochissimo di quei microbi in generale e chiede più ricerche…

– “Global Prevalence of Intimate Partners’ Violence Against Women” è un’analisi dei dati – incompleti e disperanti lo stesso – di 81 paesi, per Ong e stomaci robusti.

*

Pezzi di ricambio

Ci si prova da un ventennio, malgrado un “yuk factor” mondiale. Hiromitsu Nakauchi impianta cellule staminali umane in embrioni di maiali, per far cercare di far crescere tessuti e organi umani, visto che quelli per i trapianti non bastano mai. In Giappone non approvano il suo protocollo sperimentale, scrive Dennis Normile, e

Nakauchi is already anxious. His team’s papers offer a road map for exploiting the approach, and he knows of at least one group in China planning to follow up. To maintain momentum, Nakauchi is now negotiating to set up a lab at Stanford University, using a $6.2 million, 6-year grant he has just won from the California Institute for Regenerative Medicine.

Ehm… è possibile evitare che cresca pure un cervello, pare. Be’, sempre meglio che in Non lasciarmi.

*

Double whammy?

Da Science Express

– Cyrille Saintenac (uno bravo, ex INRA) et al. hanno clonato e provato in vitro una variante del gene Sr35 (fra quelle trovate 3 anni fa) del Triticum monococcum che lo rende resistente alla ruggine Puccinia graminis, che sembrava debellata fino alla comparsa dell’Ug99 nel 1998. Gli ibridi attuali erano resistenti, infatti, ma non contro quella mutante.

– Nell’Aegilops tauschii, un parente ancora più remoto e avaro del grano tenero, Sambasivam Periyannan et al. hanno trovato una variante del gene Sr33 che fa lo stesso effetto. Si potrebbe riuscire a incorporare entrambi nel genoma del grano tenero, senza scombussolare altri geni? Uno solo frenerebbe l’evoluzione della resistenza per poco, ma due sarebbero una bella botta.

I risultati arrivano al momento giusto. Dal 2011, c’è un progetto finanziato dalla governo britannico e dalla fondazione Bill e Melinda Gates (in dieci anni, ne ha finanziati molti altri) per sviluppare varietà resistenti insieme a due “banche delle sementi” della CGIAR. Dal 1999 al 2005, mentre l’Ug99 devastava i raccolti in Africa e in Medioriente, il WTO voleva privatizzare quelle banche e la loro “proprietà intellettuale”, invece Bill Gates voleva partnership tra enti pubblici e aziende private.

Ma l’ICARDA di Aleppo che doveva realizzare il progetto sul campo non esiste più.

*

L’Economist ha un’inviata su Marte.

3 commenti

I commenti sono chiusi.