Federalismo fiscale

Sul Sole-Domenica, Michele De Luca cerca di quantificare il giro d’affari dietro il “metodo Stamina”, tuttora coperto da segreto di Stato e quindi approvato dalla Sicilia e dall’Abruzzo. Costo minimo previsto per i 250 pazienti siciliani: 37,5 milioni di euro. Non a caso,

la sen. Bonfrisco (Pdl) ha presentato un emendamento dell’art. 43 del cosiddetto “Decreto del fare” (poi ritirato ma trasformato in ordine del giorno della Commissione Bilancio del Senato), la cui approvazione avrebbe come conseguenza ultima quella di trasferire alle strutture sanitarie regionali il carico economico in materia di uso compassionevole di questa “non terapia”, sottraendola di fatto al controllo nazionale.

Anche per la senatrice veneta il rapporto PdL-Lega è solido, si presume. I leghisti eletti al Parlamento e al governo della Padania hanno promesso di trattenere in patria il 75% delle tasse imposte da Roma ladrona.

Usarle per pagare il “metodo Stamina” ai terrun? Piuttosto la secessiun.

Nel frattempo, i tribunali continuano a violare la Convenzione di Oviedo e la Dichiarazione di Helsinki:

Il Tribunale di Fermo, con un decreto emesso dal giudice del lavoro, ha accolto il ricorso d’urgenza proposto dagli avvocati Giancarlo e Massimo Nascimbeni di Macerata nell’interesse di una signora 80enne di Montegranaro, affetta da Sla, ordinando agli Ospedali civili di Brescia di provvedere immediatamente alla somministrazione all’anziana delle cellule staminali secondo la metodologia Stamina.

“Metodologia” nota unicamente per gli effetti negativi denunciati da 52 pazienti adulti.

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La successione dinastica –  alle associazioni non si comanda… – di Berlusconi mi ha fatto venire in mente un’esperimento di psicologia cognitiva/morale fatto a Oxford da Felix Budelman, Laurie Maguire e Ben Teasdale. Non molto significativo. Gli autori volevano sapere con quale personaggio di Re Lear e di Antigone si identificavano i volontari, se condividevano o meno la scelta di certi protagonisti, se la ritenevano imposta da forze esterne o nata da una convinzione etica.

Il resoconto è affascinante di per sé : ogni dramma (solo l’inizio, in realtà) era presentato in due versioni in cui gli attori che interpretavano Lear, Goneril, Creonte ecc. recitavano lo stesso testo, ma esprimevano sentimenti opposti. Donne e uomini si identificavano con lo stesso personaggio ed erano indifferenti all’interpretazione del regista. A quanto pare, quest’ultima non basta a modificare le nostre idee sui rapporti tra padre e figli, dicono gli autori (semplifico di brutto).

Forse, ma conosciamo la trama e ci siamo già schierati. Poi sui protagonisti, sulla loro libertà o meno dal fato ecc. abbiamo altri pensieri dopo aver visto l’Antigone di Irene Papas e quella della Mouvance.

E altri sentimenti, perché nel frattempo siamo cambiati, o diventati meno manichei, o padri (se maschi) ecc. Altrimenti perché torneremmo a rivedere la stessa opera?

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Il disastro di Fukushima-Daiichi continua – continuerà per decenni,  come a Chernobyl  –  e fa temere per le centrali in costruzione in Cina, dove la scarsità d’acqua è rischiosa per quelle lontane dal mare il quale, paradossalmente, doveva rendere più sicura la centrale della TEPCO.

Fukushima-Daiichi dà torto all’industria nucleare e ai suoi propagandisti, e ragione all’organizziamoci dal basso – che anni fa mi pareva un po’ utopico di Bill McKibben e 350 org. Sbagliavo io.

Banalmente, concentrare  più reattori in una stessa località consente grandi risparmi finché il meltdown di uno non costringe a spegnerli tutti. Da quel momento i costi in sofferenza umana, bonifica, energia sostitutiva sono enormi, anche se Battaglia, Veronesi & Co negano.

Sulla NY Review of Books, in realtà McKibben parlava di ponti, dighe e altre infrastrutture “too big to fail”. Come le banche un giorno o l’altro falliscono, come per le banche l’uscita dal gigantismo resta un pio desiderio, troppi interessi economici e politici.

Nel frattempo l’energia solare, piccola e decentralizzata, si diffonde nelle campagne più misere e prive di infrastrutture – per es. in India, in Pakistan e in Africa subsahariana, dove i blackout causati da eventi meteo estremi colpiscono soprattutto città e industrie. In Cina, nelle città ci sono scaldabagni solari sui tetti delle case povere, non dei condomini di lusso.

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L’Oriente è grigio

Questa volta Michael Mann, Dana Nucitelli & e i soliti pignoli non possono lamentarsi dell’Economist. L’editoriale e il “briefing” sulle misure anti-inquinamento e la riduzione troppo lenta delle emissioni di CO2 in Cina sembrano scritti da McKibben. E dove se no, leggere il necrologio di un ambientalista indomito come Wu Dengming?