Per un pugno di acceleratori

Da tempo si parla di acceleratori da scrivania, ma quelli esistenti non mi entrerebbero in soggiorno. Questi invece sono grandi come chicchi di riso, dei microchip di vetro a finissime striature (vabbe’, silicio!). In mano ce ne stanno una decina. Accelerano elettroni a bassa energia con un laser con una lunghezza d’onda di 800 nanometri, cioè 400 per l’elettrone che s’infila nella striatura (gap).  

Paper anticipato da Nature, com. stampa dello SLAC-Stanford.

E sempre oggi, sulle Physical Review Letters esce la seconda “proof of principle” nel senso che al Max Planck di Garching

For this initial demonstration, the electron source was a modified electron microscope with a continuous beam, which allowed fine control of the beam position but did not allow the team to create pulses that could be synchronized with the laser pulses

A Stanford invece erano sincronizzati. Edgar Peralta – dottorato da poco a Cornell – et al. hanno usato il fascio di elettroni – mandato dall’acceleratore di casa e di dimensioni normali – ma era due volte più largo del gap, così ci entrava solo un elettrone ogni cinquanta circa. Comunque abbastanza per misurare un’accelerazione equivalente a 300 megavolt/metro. I due gruppi stanno già unendo le forze EM – ehm… bad pun – per portare gli elettroni a velocità prossime a quella della luce.

2 commenti

  1. Magie della buona vecchia fisica dell’Ottocento accoppiata alla tecnologia del duemila.

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