Il tonfo della R. detusculanense


Sempre in tema con the load of rubbish di cui parla l’Economist, sotto questa micrografia del Cupriavidus metallidurans da lui detta prima “microfoto della Ralstonia detusculanense” e poi “della Ralstonia” tout court (guardare l’url), il Pulitzer Daniele Passerini scrive

A conferma di tale notorietà, linka a un resoconto NASA del 2003 – smentito da ricerche successive – sui batteri nell’acqua della stazione spaziale, e a un articolo sulle infezioni uretrali, sempre del 2003. Per quanto riguarda la R. detusculanense rimandano entrambi alla sequenza parzialedi un gene (per il 16S ribosomal RNA) che, una volta completa, serve a identificare in prima approssimazione un nuovo ceppo.

In realtà sul sito del NCBI, il deposito della sequenza parziale è seguito da:

  • unpublished name – This taxonomic name was not validly published at the time of submission of the corresponding sequence entry or entries.

Per farsi un’idea, queste sono pubblicazioni valide, e questa di una sequenza completa. Questa invece

La situazione è invariata da 13 anni, nei database la R. detusculanense non esiste. D’altronde Celani et al. non sanno neppure se avrebbero scoperto una Ralstonia o uno Stenotrophomonas. Per il Pulitzer, si tratta di un dettaglio irrilevante:

  • I due lavori sopra linkati (disponibili da 10 anni!) comprovano di fatto la non pericolosità ambientale della Ralstonia detusculanense per l’uomo. Via libera dunque ai possibili utilizzi in campo aperto e a scopi di pace (spesso ipotizzati da Celani nel corso delle sue conferenze) della Ralstonia detusculanense…

I due vecchi lavori non comprovano nulla. Quel gene non è un indicatore di pericolosità nell’ambiente o per l’uomo. Certe ralstonie sono patogene e perfino letali. In un paese UE non si può dar “via libera” a un batterio privo di pubblicazione valida.

Al Pulitzer pare valida questa:

in cui Giuseppe Quartieri, Piero Quercia (co-autore anche della sequenza parziale, lol) e Pasquale Avino (1) si mostrano così esperti di biologia da far passare allegramente la R. detusculanense dal regno dei Bacteria a quello degli Archea e ritorno…

Gran finale

  • A questo punto le recenti “polemiche” – atteniamoci all’eufemismo! – riguardo la scoperta della Ralstonia detusculanense, scatenate dalla “giornalista” Silvie Coyaud sia su Oggi Scienza e sul blog Ocasapiens (…) sono –  a dir poco – pretestuose; è probabile nascondano invece ben determinati interessi economici (diretti e/o indiretti) per l’utilizzo di altri analoghi tipi di batteri di proprietà non italiana (ad esempio la Ralstonia metallidurans, di proprietà, anche economica, USA).

I batteri non sono “proprietà” di nessuno, per brevettarne uno prima bisogna modificarlo e saperne il nome. Dal 2004 per esempio, la R. metallidurans si chiama Cupriavidus metallidurans.

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Opera pia

Qualcuno spiegherebbe al povero Andrea “Mistero” Rampado la differenza tra una sequenza parziale – in questo caso di 160 1.600 cb – e una completa di oltre 1.500 15.000 (h/t un lettore assiduo di 22 passi e nota 2)?

Magari partendo dalla differenza tra 1 e 10 ché ce la fa con le dita? E che nel paper di Moissl et al. che cita non c’è traccia di R. detusculanense?

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Nota 1 per i fainéants
Spiego la barzelletta, ma solo perché è domenica: adesso risultano tutti del Centro studi di Biometeorologia del “prof.” Valenzi.

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Aggiorn.
Camillo dedica un breve post al tema

  • per impedire che a qualche parlamentare in vena di interrogazioni non venga in mente di proporre la Ralstonia come strumento di decontaminazione e di condizionamento delle scorie dei reattori, dando la stura a ghiotti investimenti pubblici che, una volta lanciati, durano 25 anni con strascichi polemici che non finiscono più.

Come dice rabat-joie in italiano?
Un assiduo lettore di 22 passi mi segnala questo scoop:

  • stasera e domani sera maurizio melis su smart city, trasmissione su radio 24, parla di effetto seebeck e di nuovi materiali; vi dice niente? indirettamente segue sempre la vicenda di Rossi

L‘effetto Seebeck spiega gli investimenti immobiliari e il COP 415-179 dell’e-cat? Stay tuned…

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Nota 2 per AndreaMisteroRampado (3)
mi scusi, avevo messo uno zero in meno in omaggio all’esperimento del dott. Celani et al. e di et al. senza il dott. Celani. Come da link sopra, nella “sequenza parziale” ci sono 1. 537 coppie di basi e oltre 15.000 in una sequenza completa” stando al microrganismo di riferimento.
L’oca s.

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Nota 3 per i lettori di 22 passi
Link e link omessi da A”M” R, per chi vuol conoscere il contesto delle sue affermazioni.

21 commenti

  1. Curioso, mi sovvengono antichi ricordi:
    La cosa più simpatica rimaneva sempre quella dell’animaletto che s’è mangiato il compito a casa (a volte anche di scienze) proprio il giorno dell’interrogazione.
    E tutti i compagni – non tanto perché sia mai un domani serva anche loro, ma più per spirito di gruppo – giù a giurare che sì, può ben succedere, se ne danno così di animaletti che mangiano i compiti a casa, nella tradizione studentesca – si narra persino di ferocissimi pesciolini rossi che si siano dimenati così tanto per arrivare al compito agognato da rovesciare la boccia piena d’acqua sullo zaino dello sfortunato giovinetto(!)
    Succede, eccome no, almeno una volta nella vita ad uno studente su cinque, forse anche ad uno su tre. L’alternativa più frequente però, rimaneva darsi malati quel giorno lì. A chi non è capitato?
    Ah, avessimo avuto una Ralstonia anche noi allora, da usare contro certi prof inflessibili…
    Buffo come funzioni la memoria alle volte.

  2. Maurizio Milani diceva che la donna, quando non capisce, si innamora.
    Signora Coyaud, sarà successo anche a lei.
    E’ una evidenza sperimentale, quindi non si offenda.
    Anzi, come dice sempre il Pulitzer: “se lei si offende, ho ragione io”.
    L’ho imparato bene perchè egli è seriale.
    Secondo me il Pulitzer si innamora delle cose fatte apposta per non essere comprese.
    Il multiverso olistico parte del tutto affani, anche come sintesi, beninteso.
    Se qualcuno si oppone all’oggetto del suo amore, non può che essere pagato per farlo.
    D’altronde, perchè opporsi all’amore, se non per motivi ignobili?
    mW

  3. “rif fig 2”, dice la signira O.S.
    Se apri il pdf, dopo i cerchi viene un grafico di tipo rettangolare la cui scala arriva fino a 15 mila.

  4. in quel grafico il fondo scala mi da 1.500 pero’ non riesco a capire, magari per accorciare i numeri hanno messo come unita 10 e non 1? oppure e’ solo una parte (quella che interessava) del totale di 15.000? da non esperto non mi e’ chiaro.

  5. hai ragione: devo asdolutamente rivolgermi ad un oculista, c’è millecinquecento e non quindicimila! Che brutta cosa la presbiopia!!

  6. curioso, Indopama: ad andare qui e a cercare lo “smallest non viral genoma”, si resta un attimo impressionati dal numero di coppie attese. Sicuramente sto prendendo lucciole per lanterne: non puoi chiedere ad un misero elettricista di capire la biologia…Speriamo che O.S. ci riveli l’arcano!

    1. @Cimpy
      Il Pandora è un kolossal.
      @indopama
      temo che Cimpy le abbia fatto lo scherzo di Celani! Nel riquadro in basso della figura 2, ci sono segmenti replicati (ma con parecchi polimorfismi) sui 0,4-0,5 kbp l’uno che vanno sommati ai 1,5 kbp della “sequenza parziale”. Le replicazioni possono anche essere centinaia, 15.000 è solo per dare un ordine di grandezza..
      Se clicca su “identificare” , gli autori spiegano che i batteri di un genere – Ralstonia mettiamo – condividono in media il 97% della sequenza completa, ma con tante variazioni che nemmeno questa consente di identificare la specie o il genere a colpo sicuro. Per es. accanto all’immagine della “Ralstonia” usata da Passerini e da me, nel database del RIKEN trova scritto:
      Ralstonia metallidurans CH34 has been renamed to Cupriavidus metallidurans CH34 on this site on 8/2/06. Ralstonia metallidurans CH34, formerly Ralstonia eutropha and Alcaligenes eutrophus
      Magari la R. detusculanense esiste, ma finché non si sa in quale genere metterla, anche temporaneamente, nei database non entra.

  7. Intanto, incuriosito ho cercato qualcosa -sperando di non assomigliare per niente ad HT, te lo dico subito che io di questa roba so niente. Però leggo che di tratterebbe di ottenere una sequenza attendibile del Dna del batterio anche attraverso campionanenti purché statisticamente validi.
    Qui ho trovato un esempio relativo all’
    Escherichia Coli , dove ti dicono che in quel caso se ci provi con solo 1000 (mille) coppie hai una probabilità di imbrocxarla di 1 su 4 mila e cinquecento.
    Chiaramente dipende da quante basi dovrebve avere il battere in questione.
    Quante ne dovrebbe avere una Ralstonia?

  8. Non solo, ma poi bisogna vedere
    1) se è vero che mangia i compiti degli studenti
    2)posto pure che li mangi, se è vero che non ne lascia traccia
    3) -solo per i più malfidati, e solo dopo aver asdodato la prima e la seconda- se è vero che ha gradito quelli fatti nei pressi di Frascati (o era da un’altra parte?).
    E siamo ancora fermi alla 0. Da anni.

  9. @Ocasapiens
    Mi sento un po’ colpevole per aver scatenato la campagna di Andrea e Daniele sulla Ralstonia. Però in fondo io, in genere, faccio domande precise e secche e mi meraviglia che poi si versino fiumi di parole dietro le quali è difficile riconoscere un filo logico.
    La domanda in questione era in realtà una espressione di meraviglia per il fatto che una scoperta così importante fosse stata lasciata decadere. La domanda che seguiva era molto semplice: in quale laboratorio accreditato è stato sequenziato l’rRNA 16S (Giancarlo, un gene si dovrebbe scrivere in corsivo, sai, da 22 passi su queste cose sono pignoli… l’oca s. ) del batterio, chi ha eseguito materialmente l’operazione, con che macchina e se lo scontrino (non so come si chiami realmente) sia ancora disponibile. Finché non si parla di malafede non credo sia un reato dubitare dei risultati scientifici. Abbiamo appena notato l’infortunio di mamma BBC sull’overunity del NIF.
    Andrea che è in ottimi rapporti con Celani potrebbe fare da tramite per la domanda. Con l’occasione rinnovo esattamente la stessa domanda di sopra per i nano-diamantoidi generati sul filo di costantana con cui ora si scinde l’idrogeno a bassa temperatura. E già che ci sono, quale macchina è stata usata per depositare i 700 strati sulla costantana. Tutte domande che presuppongono risposte secche, non fiumi di parole inutili.
    Quanto alla Ralstonia detuscolanense, ove esistesse realmente, sarebbe in grado di resistere e riprodursi in un ambiente radioattivo: francamente non arrivo a capire perché debba necessariamente nutrirsi di scorie mortali, e meno che mai perché debba rendere queste scorie innocue tando da doverla spedire a Fukushima. E’ per questo che avevo fatto la domanda: perché se davvero la Ralstonia fosse questo prodigio di cui si sogna, allora sì che potrei farmi pagare fior di quattrini dalla Spectre per spargere disinformazione e far togliere ai FF pure scarpe e mutande oltre che laboratori.
    Crescete ragazzi, che avete già un’età alla quale dovreste già essere cresciuti e invece siete lì a vomitare stupidaggini infantili.

  10. Il problema grosso della detusculanense non e’ manco che le sequenze non sono complete: la completezza aggiunge poco, alle volte, alla singola sequenza.
    Un 16s e’ dell’ordine di grandezza di dieci, trenta volte le sequenze pubblicate (per vederlo: qui http://www.ncbi.nlm.nih.gov/nuccore/?term=txid148618%5BOrganism:noexp%5D c’e’ la lunghezza della detusculanense(?) di 1600 base pairs mentre su wiki http://en.wikipedia.org/wiki/16S_ribosomal_RNA dicono chiaramente che il 16s e’ lungo 1542kb (kilo base pairs)).
    Il problema e’ che c’e’ solo un pezzettino di 16s, troppo poco per parlare di nuova specie. Ci vorrebbero almeno una manciata di geni, magari su una manciata di specimen, in modo da escludere si tratti solo di contaminazione del sample (per me molto probabile).

  11. @Cimpy
    “Quante ne dovrebbe avere una Ralstonia?”
    Boh… Una delle R. solanacearum – un po’ le seguo perché distruggono pomodori, patate ecc, ci sono progetti internazionali per sequenziare di fino anche quelle del terzo mondo – ha 110 milioni di bp per circa 1500 geni. Ma per il gene rRNA 16S, ho visto solo sequenze parziali. Se serve, chiedo a qualcuno della CGIAR.
    @Giancarlo
    no problem, una risposta piacerebbe anche a me.

  12. 110 miloni??
    Dunque, se mille su 4, 5 milioni sono considerati davvero pochini, 15 mila su 110 sono davvero altrettanto pochini. Figurarsi millecinquecento o giù di lì…

  13. @Giancarlo,
    passi che la Ralstonia detusculanense si cibi di scorie mortali,
    ma vorrei rilanciare qui la mia preoccupazione sul fatto che sottoposto a tali campi,
    il batterio possa mutare e derubarmi.
    mW

  14. @mW
    i batteri come sai si riproducono e mutano a velocità pazzesche. Superano in velocità mio figlio piccolo quando mangia affamato (sempre).
    Secondo me la generazione del 2004 ti ha già derubato abbondantemente. Senza essere stata esposta a radio o televisione.

  15. @gvdr
    Contaminazione: già, per escluderla servirebbe una “pubblicazione valida”. Non trovi strano che dei fisici firmino una sequenza come se fossero specializzati in genetica dei batteri del suolo?
    Lunghezza del 16S: non fare anche tu come Celani! Lo sai meglio di me, la convenzione dei 1,5 kbp è basata sulla statistical significance di quello che ti serve: solo il DNA che codifica per r RNA16S, con o senza le replicazioni, solo con le replicazioni variate e di quanto (5%?). Lo faceva notare anche Cimpy. Se poi gli algoritmi siano affidabili nel caso di un genere ballerino come Ralstonia, ce lo devi dire tu.
    @mW e Giancarlo
    Dare “via libera” a una ralstonia senza saperne nulla è un po’ preoccupante, infatti. Ma se può rassicurarvi, i batteri resistenti alle radiazioni tendono a riprodursi molto lentamente.

  16. Oggi sono al meeting dell’Allan Wilson Centre for molecular ecology and evolution (il mio gentile sponsor) . Appena trovo qualcuno che non scoppia a ridere quando gli racconto della ralstonia magica, riporto il parere: puoi scegliere fra questi: http://www.allanwilsoncentre.ac.nz/massey/learning/departments/centres-research/allan-wilson-centre-for-molecular-ecology-and-evolution-research-centres/allan-wilson-centre-people/our-staff/investigators/principal-investigators_home.cfm

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