Beefsteak

Premio Nobel per la fisica, previsto: Rainer Weiss, Barry Barish e Kip Thorne, il più giovane del trio e della “troika“… per i contributi a LIGO e alla rilevazione delle onde gravitazionali.

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In attesa del Nobel di domani per la chimica, leggo Grazed and Confused pubblicato ieri dal Food Climate Research Network dell’università di Oxford, sulle emissioni bovine di gas serra, il 14% circa della CO2 equivalente mandata in atmosfera ogni anno.

Secondo i fautori del tutto naturale, l’allevamento nei pascoli riduce la CO2 perché l’erba la assorbe e la fissa in un suolo fertilizzato dall’azoto e dal fosforo prodotti dal metabolismo degli animali.

Nella letteratura scientifica sul tema, scrivono gli autori, risulta vero solo quando ci sono pochi bovini su grandi praterie pre-esistenti e non su aree disboscate. Altrimenti le emissioni climalteranti sono uguali a quelle degli allevamenti intensivi. La rassegna è breve, scritta bene come la presentazione, ma dubito che convinca i carnivori a limitare i consumi.

Stakes are high (cows with puns)“…

Mucche sferiche e l’equazione del clima

Nel febbraio scorso su Global and Planetary Change, Hermann Harde – un fisico dei materiali dell’università Helmut Schmidt e negaiolo dell’effetto serra dei gas serra –  sosteneva che tutte le stime del tempo di permanenza della CO2 in atmosfera erano sbagliate. Nella sua “contabilità alternativa” per il ciclo del carbonio, miracolo,

The anthropogenic contribution to the actual CO2 concentration is found to be 4.3%, its fraction to the CO2 increase over the Industrial Era is 15% and the average residence time 4 years.

Chissà da dove viene tutto il resto… Un mese dopo, un gruppo di fisici e chimici dell’atmosfera un tantino più esperto di lui mandava un commento appena pubblicato on-line dopo peer-review:

this alternative scheme is too simple, is based on invalid assumptions, and does not address many of the key processes involved in the global carbon cycle that are important on the timescale of interest. […]

Harde (2017) tries to explain changes in atmospheric CO2 concentration with a single equation, while the most simple model of the carbon cycle must at minimum contain equations of at least two reservoirs (the atmosphere and the surface ocean), which are solved simultaneously. A single equation is fundamentally at odds with basic theory and observations.

with puns

Ottimo articolo di Dana Nuccitelli, John Cook, Sander van der Linden, Tony Leiserowitz, Ed Maibach sul Guardian:

some academics have recently argued that communicators and educators should not inform the public about the strong scientific consensus on climate change. UK sociologist Warren Pearce and his colleagues recently published a commentary (and corresponding Guardian op-ed) arguing that communicating the scientific consensus is actually counter-productive. John Cook published a reply, which we summarize here.

En passant, citano i consensus studies sull’efficacia dei vaccini, per esempio questo.

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Il Nobel di ieri per “l’orologio biologico” mi sembra suscitare più interesse e discussione del solito, come se fornisse finalmente una spiegazione, semplice e di buon senso, alle osservazioni scollegate che facciamo tutti. Quando la conversazione si allunga, via via scompaiono le semplificazioni, una sorta di determinismo genetico per cui dovremmo andare a dormire e svegliarci tutti alla stessa ora e per tutta la vita. “Ma dicono che è un meccanismo universale…” obietta qualcuno.

Sì, certo, come la respirazione. Ma ci sono “gufi” e “allodole”, fiori che si aprono solo di notte e altri solo di giorno, i gatti dormono a tutte le ore, come gli anziani, obiettano altri. All’improvviso tutti hanno un’esperienza personale della diversità, anche se i geni sono gli stessi.

5 commenti

  1. Bisognerebbe inventare il Nobel per la futilita’ e darlo all’ocasapiens…

  2. Visto che siamo vicino al malefico autunnale momento, potremmo sperare che questo Nobel sull’orologio biologico dica una volta per tutte che l’ora legale è come la Corazzata Kotiomkin?

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