Debunking domenicali

Izenmeme ha creato una nuova serie di bufalometri e affini (h/t theresphysics)

A gentile richiesta, ho letto i due articoli di Io vaccino sulle carenze dello studio Signum e sulle “bufale di stato” delle commissioni parlamentari. Se siete passati da MedBunker vi siete già fatti un’idea, ma questo è un lavoro di fino. All’inizio della prima puntata c’è un paragrafo che vi allargherà er core:

Per prima cosa, lo studio è stato disegnato per massimizzare il risultato positivo: questo significa che sono state registrate anche variazioni minime dei livelli di biomarcatori. Ma non significa che queste variazioni siano correlabili a patologie.

Secondariamente, 

Che tatto!
Secondariamente, le analisi statistiche condotte sono solamente “univariate”, cioè confrontano una variabile alla volta (età, sesso, impegno del teatro operativo, vaccinazioni, etc.) con le “variabili outcome” (cioè i biomarcatori). Non sono state condotte analisi multivariate, che avrebbero potuto aiutare a ridurre le “interferenze” tra le variabili: ad esempio, lo stesso segnale sullo stress ossidativo è stato evidenziato tra i vaccinati e i pattugliatori. Che correlazione c’è tra queste due variabili? Ci sono altre variabili che potrebbero influenzare i risultati? Sono approfondimenti che sarebbero stati utili per comprendere meglio la relazione tra vaccinazioni e biomarcatori.

Quali mamme dell’associazione avranno rigirato con tanta delicatezza il coltello nella piaga? Baci a tutte e li smistate voi. Concludono

Ci sembra che le sconvolgenti criticità, assenti nei vaccini somministrati ai militari, abbondino invece nel funzionamento di alcune istituzioni e nell’impiego delle risorse pubbliche. SIGNUM è costato circa 2 milioni di euro, ai quali si deve sommare il costo difficilmente stimabile di tutti i parlamentari che, per oltre un decennio, sono stati tenacemente impegnati a cercare quello che non c’è. Denaro e risorse sottratte alle pressanti necessità del nostro paese. Dove, tra l’altro, la ricerca scientifica è strutturalmente mortificata dalla cronica, quanto miope, mancanza di fondi.

Ola

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Caveat Emptor
La legge “Diritto di provare”, approvata mercoledì da Trump, è l’apoteosi di anni di lobbying del Goldwater Institute per conto delle BigPharma & Co. Hanno ottenuto così la “libertà fondamentale” di lucrare sulla disperazione di pazienti disposti a fare da cavie paganti, disinformate e consenzienti per terapie non approvate dalla FD&A.
Un bel business?

StatNews fa notare che negli stati dove la legge esiste già, i pazienti non la usano perché la FD&A approva in tempi brevi il 99% delle richieste per farmaci in corso di sperimentazione. Rif. prima e seconda sfuriata di Orac (rif. anche puntate precedenti). Dalla seconda:

Yes, the quackery potential behind right-to-try, I’m afraid, will be the subject of a future post, either here or at my not-so-super-secret other blog. In the meantime, I guess we’ll see what happens when the government abandons its responsibility to protect its citizens against drug companies. And don’t even get me started on the utter failure of medical professional organizations like the American Society of Clinical Oncology (ASCO) to speak out against state right-to-try bills. 

Per le ciarlatanerie potenziali, ricordo che in USA oltre 500 cliniche vendono presunte terapie con cellule staminali.

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Da far girare nelle Ong

L’Economist critica il “credito universale” che viene realizzato in Gran Bretagna, ma non la “rete di sicurezza” in Etiopia ora allargata ad alcune città. Non so cosa succederà al reddito di cittadinanza di cui si favoleggiava pochi mesi, ma da socia di Action Aid sarei per fare esperimenti su scala locale con il reddito di inclusione. Mirato in primis alle donne con bambini e anziani a carico.

L’Economist non è abbastanza critico, secondo me, verso “l’altruismo efficace” definito da certi economisti e filosofi morali con un utilitarismo un po’ rozzo.

Sarà pur vero che Deworm the World  spende <mille dollari per salvare la vita di un bambino, e Medici Senza Frontiere >diecimila, ma mica ci vuole un ospedale per distribuire un vermifugo. Non solo, siccome il generico costa pochissimo, è il tipo di intervento che nei paesi più poveri lo stato può e deve finanziare in proprio, creando una rete capillare di paramediche in parte volontarie, in parte retribuite che si occupano anche del monitoraggio. Altrimenti continuerà a mancare la base del servizio sanitario.

A parte il fatto che se l’acqua è infetta da altri patogeni il bambino rischia di morire prima dei cinque anni lo stesso. E che…

‘nsomma, il movimento per la filantropia “scientifica” mi dà un po’ sui nervi.