Le Oche, formato microfono aperto

Cari orecchietti di radiopop,
la puntata con Michele Salvan è rimandata alla settimana prossima. Nella rassegna della stampa scientifica, ci sono più che altro brutte notizie:
– una sul riscaldamento accelerato degli oceani data da Lorenza Ghidini e Gianmarco Bachi nel “Demone del tardi” l’altro ieri, con un’intervista a Sergio Castellari;
– due sulla fusione accelerata della banchisa polare sia artica che antartica, mai visto un dicembre con un’estensione così scarsa da quando si misura;
– una sui 16000 dissalatori in funzione nel mondo che in media producono ogni giorno due volte più salamoia inquinante che acqua potabile…
– una uscita ieri su Science Advances: delle 124 specie selvatiche di caffè (necessarie per “rinnovare” quelle coltivate) il 60% è a rischio di estinzione, il 45% non è conservato nelle banche del germoplasma, il 28% non esiste più nelle aree protette…

Invece di farvi piangere un’altra volta, preferiamo fare un microfono aperto.

Risultati immagini per tobacco plant creative commons

Nicotiana carina (wikimedia)

Su Science di venerdì scorso, è uscita una ricerca che ci sembra importante. Con dei geni dell’Escherichia coli, Donald Ort e i suoi colleghi sono riusciti a semplificare il metabolismo del tabacco per migliorarne la fotosintesi. Così le piante sfruttano meglio l’energia della luce per derivare zuccheri utili dalla CO2, invece delle tossine che devono buttar fuori con la traspirazione perdendo acqua preziosa. Crescono più in fretta e – nello stesso arco di tempo –  una massa di foglie più abbondante del 25% circa.

Triticum aestivum, copyright © 2007 David Monniaux

Il tabacco viene geneticamente modificato per fargli produrre farmaci, se ne conosce bene il metabolismo ed è un po’ come il topo di laboratorio per i mammiferi.

Quella di Ort è ancora una ricerca molto molto di base. Nei prossimi dieci anni, pensa di studiare se e come i risultati sono applicabili ai cereali, per evitare che se li bruci il riscaldamento globale, le ondate di calore e di siccità sempre più frequenti nella stagione della crescita.

Ci sembra una ricerca importante perché
– imita l’evoluzione. Per milioni di anni vegetalianimali hanno acquisito geni di batteri, E. coli compresa, quelli sopravvissuti si son trovati bene per forza;
– la tecnica è “royalty free”, cioè brevettata per impedire che altri lo facciano e gratuita per gli utenti. Da circa quindici anni, la fondazione Gates finanzia questa ricerca perché le sementi costino meno di quelle attuali, e siano alla portata dei contadini poveri, nel Sud-est asiatico e nell’Africa subsahariana, disastrati dai cambiamenti climatici già oggi;
– dopo più di un secolo si realizzerebbe il sogno di un un grande chimico italiano, Giacomo Ciamician, forse il primo a voler migliorare l’efficienza energetica delle piante (l’evoluzione è sprecona!).

In Italia ci sono fitogenetisti geniali, tra cui uno che ha vinto il premio della miglior pernacchia a Crapapelata (da piccolo). Se avessero un’idea geniale per adattare questa tecnica a sementi di frumento africano, non potrebbero provare a coltivarlo in campi sperimentali perché qualche legge regionale lo vieta o per l’opposizione di gruppi contrari agli Ogm.

Domanda
Secondo voi, va bene così o se rispettano il protocollo previsto dalla legge italiana possono farlo?
Domanda di riserva
Qual è il nome del vincitore?

Per le risposte: tel.  02.33.001.001 ; sms e telegram 331.6214013; email: diretta at radiopopolare punto it

poscritto
Grazie delle telefonate e dei messaggi, come al solito non abbiamo fatto in tempo a sentire tutti e nemmeno a rispondere, provo a farlo adesso:
– quando è stata inventata l’agricoltura tra i 10 mila e gli 8 mila anni fa, eravamo circa 5,6 milioni, oggi siamo 7,7 miliardi. Fino alla rivoluzione verde degli anni ’60, durante le carestie morivano di fame migliaia di persone. Tornare agli albori dell’agricoltura sarebbe un suicidio collettivo.
– la popolazione non aumenta in funzione del cibo disponibile. Al contrario, il tasso di natalità cala dagli anni ’60, cioè da quando il cibo prodotto supera quello consumato;
tutte le piante coltivate sono degli ibridi nati da incroci tra varietà diverse e i loro geni sono modificati rispetto a quelli delle progenitrici;
gli ogm attualmente coltivati sono erba medica, soia, mais, colza, cotone, rapa da zucchero, pioppo (Cina) melanzana brinjal (Bangladesh), papaia (Hawaii, Cina), canna da zucchero per l’etanolo (Brasile), tabacco a basso contenuto di nicotina (USA), patata (Canada e USA) e alcuni fiori. Nella UE, sono autorizzati solo mais e garofani, la coltivazione di frumento g.m. è una leggenda metropolitana;
– nel frumento il contenuto di glutene varia insieme al tipo di seme (biotipo/genotipo), di terreno, fertilizzanti, patogeni, fitofarmaci, conservazione, lavorazione ecc. Nelle varietà coltivate in Italia, quelle censite tra il 1900 e il 1949 contenevano la stessa quantità o una quantità maggiore di proteine del glutene collegate all’allergia e alla celiachia (le gliadine) delle varietà introdotte dal 1985 in poi;
– dagli esperimenti clinici condotti finora, non risulta esserci alcuna allergia al glutene. I sintomi gastrointestinali sono attribuiti invece a conservanti del pane e ai carboidrati detti “Fodmap“.

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In onda il giovedì dalle 11.30 alle 12 sui 107,6 FM, in streaming e in podcast dopo.

2 commenti

  1. E’ interessante l’articolo su Ciamician.
    Se ho capito bene, la fotosintesi naturale è una pila a combustibile che utilizza un ciclo frigorifero, assorbendo energia luminosa e restituendo energia elettrica nella forma di energia cinetica degli ioni.
    L’unica cosa che mi fa pensare, è perché utilizzare nella fotosintesi artificiale acqua, invece di composti disciolti in acqua in cui l’energia di legame è più bassa (pensavo all’acido acetico, o altre molecole con bassa energia di legame), in modo da incrementare il numero di prodotti nella reazione (numero di ioni), a parità di energia dei fotoni immessi nel sistema.
    Cioè, perché non utilizzare composti che in acqua (che è un buon solvente polare) abbiano energia di legame bassa a causa della struttura molecolare interagente con l’acqua.

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