Scienza in rete pubblica una dichiarazione di Pier Giuseppe Pelicci e Pier Paolo Di Fiore, dello IEO e della Statale di Milano, i cui articoli sono stati indagati.
- Nel rispetto dell’attività del GIP, non interverremo nel dibattito in corso su alcuni media e social, nel quale si stanno celebrando processi, condanne, assoluzioni…
Loro mica intervengono come quello zoticone di Alberto Mantovani. Fanno soltanto un elogio generico del proprio lavoro e della propria integrità scientifica, perché
- Dovrebbero essere in prima battuta le Università o le Istituzioni scientifiche a valutare i comportamenti individuali e, se del caso, ad adottare adeguati provvedimenti.
In attesa della prima battuta, la plebe paghi e gioisca:
- La ricerca oncologica italiana è sana e sono sani i suoi meccanismi di finanziamento che da oltre 50 anni si basano su un modello di interazione di pubblico e privato che altri Paesi ci invidiano e che ha prodotto risultati ben al di là degli investimenti. Tutto ciò è dovuto ai singoli ricercatori e a una intera comunità scientifica.
Lol e lodati siano i fulgidi protagonisti della ricerca oncologica che “altri Paesi ci invidiano”:
Paola Palozza et al.
Marco “yogurt” Ruggiero et al.
Carlo Maria Croce et al.
Alfredo Fusco et al.
Luca Maria Neri et al.
(cont.)
Una delle risposte in difesa del copia incolla di immagini é perfetta: non posso provare che le immagini non siano manipolate perché non ho più i dati ma in ogni caso questi presunti dati manipolati non hanno alterato i risultati.
Quanto accetteremmo una risposta simile da uno pseudo scienziato no vax o da un ciarlatano? 🙂
Ciao Salvo,
bella domanda. Io comincio da questa: “è vero che altri hanno pubblicato gli stessi dati che non trovi più?” Ho fatto una prova con il gene D6 di Alberto Mantovani. Risposta qui. Se è uno spazzino delle chemiochine e lo “sopprimi” la striscia viene uguale.
La manipolazione cambia tutto. Non puoi dire di aver scoperto l’espressione del D6 nel Western blot del P53.
perché non ho più i dati
è preoccupante, trovo. Capisco che – per dire – i dati del D6 siano del Mario Negri e Alberto non possa portarli via. Però l’archivio è una risorsa e tutti sembrano prenderla sottogamba.
Possibile che il Mario Negri o lo IEO non abbia i soldi per pagare un* archivista specializzato?
“Possibile che il Mario Negri o lo IEO non abbia i soldi per pagare un* archivista specializzato?”
E’ un problema molto diffuso, praticamente quasi ubiquitario. E se gli studi superano più di 10+ anni di età, spesso la copia archiviata è inservibile ed i dati sono persi in modo definitivo. Ciò rende estremamente difficile riprodurre e replicare un’esperimento (rendondo il mio lavoro molto snervante e frustrante), specie quando ci sono di mezzo dataset enormi come quelli usati in genetica. Oltremodo, visto che la revisione paritaria fatta in post-pubblicazione è molto lenta, l’attuale situazione facilita il diffondersi di frodi e studi farlocchi; tanto se vieni pizzicato puoi sempre usare la scusa “ho perso tutti i dati originali quando mi si è rotto il notebook/backup/NAS/whatever”. Frase che mi sono sentito ripetere almeno un centinaio di volte.
Negli ultimi anni sono nate una manciata di iniziative non-profit che tentano di risolvere il problema offrendo servizi basati su P2P per garantire archiviazioni a lungo termine e a basso costo, ma non hanno molto seguito tra i ricercatori because… reasons. L’ultimo, in ordine cronologico, è IPFS, ed è ben fatto, rodato, e non richiede licenze/royalties per essere usato. Le soluzioni tecniche non mancano dunque, resta solo la pigrizia delle istituzioni e di chi le gestisce.
Mauro,
quei dati sono “beni” dell’istituzione, spetta agli amministratori decidere dove e come archiviarli, Non è che ogni PI può fare di testa sua.
specie quando ci sono di mezzo dataset enormi come quelli usati in genetica
Sai che ogni volta che guardo Scientific Data, qualche editoriale brontola perché in genomica/genetica umana ci sono difformità, ritardi, ostacoli all’accesso ecc.?
Anche i dataset meteo-climatici sono enormi. Dopo Climategate e altri scandali inventati dai bigoilisti, i ricercatori si sono organizzati. Adesso le loro libraries sono finanziate dai governi – tipo OCO in USA o Copernicus per la UE. Costano, ci vogliono data stewards e curatori competenti in materia, ma almeno tutti sanno dove trovarli e che sono stati verificati.