Come al prof. Lucio Picci dell’Università di Bologna, al giornalista Daniele Oppo l’Università di Ferrara ha risposto picche: né i giornalisti né i contribuenti hanno il diritto di sapere se, stando all’indagine della sua Commissione etica, sono validi o meno i risultati di alcune ricerche svolte dal rettore Giorgio Zauli con altri dipendenti pubblici.
Riass. punt. prec.
Nel maggio 2018, a nome e per conto dell’università il rettore denunciava Leonid Schneider per diffamazione perché aveva riferito su For better science alcune valutazioni uscite su PubPeer in merito a pubblicazioni di Zauli et al. Poi lo ri-denunciava al Garante per aver o pubblicato la lettera dell’Università che annunciava la querela. La Commissione etica rifiutava di aprire un’indagine finché, fra quelle segnalate su PubPeer, Zauli non sceglieva cinque o sei pubblicazioni e unicamente su queste autorizzava il Comitato a chiedere il parere di esperti esterni.
Otto mesi fa, la Commissione etica archiviava il secondo parere, senza rendere pubblici i motivi della decisione. In luglio Zauli si auto-proclamava integerrimo “non essendo emersi a [suo] carico né elementi dolosi né di colpa grave”, e perseguitato di sinistri figuri simili a “Goebels” (sic).
Nonostante avesse selezionato lui le pubblicazioni da valutare,
- Il Presidente della Commissione Etica, concluso il procedimento mi ha dato atto a più riprese di non avere interferito in alcun modo con i lavori del medesimo [sic] Commissione.
E ri-minacciava querele.
Fine riass. punt. prec.
In base alla legge sulla trasparenza della pubblica amministrazione, al responsabile per la Prevenzione della corruzione e la trasparenza, nel frattempo Daniele Oppo aveva chiesto:
- una copia della decisione completa di motivazione, dei verbali delle sedute nelle quali si è discussa la questione (che ha richiesto 6 mesi di tempo per essere decisa) e degli eventuali pareri tecnici esterni richiesti dalla Commissione.
Vale a dire gli atti che confermavano la correttezza dei pochi articoli che, a giudizio di Zauli, dimostravano la sua integrità scientifica.
L’altro ieri Daniele ha ricevuto la risposta di Michela Campana, responsabile della Ripartizione servizi direzionali e di coordinamento, e oggi ne confuta gli argomenti – se così si possono chiamare – con un’ironia sotto le righe degna di un Pulitzer.
Alla dott. Campana va riconosciuto di aver scritto un capolavoro di complottismo, tronfiaggine e contraddizioni, e di aver segnato autogoal così grandiosi da far sospettare l’assist di Zauli. In sostanza, gli atti servirebbero a discreditare ulteriormente pubblicazioni già “attaccate e criticate” nei media.
Noi “Goebels” ne eravamo convinti, ma una conferma fa sempre piacere. Oltretutto la dott. Campana spiega il silenzio che aveva colpito il prof. Picci: pur avendo accesso agli atti, nessuno dei colleghi e/o coautori di Zauli ha difeso una sua pubblicazione contestata su PubPeer.
Nemmeno quella sulle proprietà cosmetiche e antitumorali della bava di lumache rigorosamente italiane, commerciata da una start-up dell’università. Sigh…
Per non rovinare l’esegesi di Daniele, mi limito a riportare questo “argomento” campano-zaulista:
- la valutazione della bontà scientifica della ricerca non spetta né all’opinione pubblica, né alla stampa, ma è prerogativa esclusiva di scienziati e ricercatori che soli rappresentano il cd. Tribunale della Scienza, nell’ambito della valutazione tra pari.
Nel caso l’opinione pubblica, la stampa e i contribuenti italiani fossero interessati alle “sentenze” del “Tribunale della Scienza” riguardanti 36 prodotti zauliani, le trovano qui.
Il testo di Campana mi ha fatto tornare alla mente un film di Louis de Funès.
Fa un po’ ridere, in effetti.
E’ incredibilile. Anche nel caso di Alfredo Fusco, l’Universita’ di Napoli ha rifiutato la divulgazione degli atti della commissione di inchiesta, dando in tutto e per tutto l’impressoine di un insabbiamento. Mi chiedo fino a quando noi contribuenti dovremo finanziare enti e persone, che non fano della trasparenza il loro principio cardine.