L'inganno del gene

Ogni tanto Philip Ball – ottimo scrittore e critico della scienza, tanto per ripetermi – trova su una rivista culturale lo spazio che merita. La sua recensione di Human Diversity  – il nuovo libro del politologo americano Charles Murray, notorio per aver già commesso The Bell Curve – è un saggio di storia della pseudoscienza razzista e misogina, inserita nel contesto politico attuale della Gran Bretagna.

Boris Johnson ha condannato all’ultimo momento il razzismo sistemico nel proprio paese, non il determinismo genetico classista che lo accomuna a Dominic Cummings – il suo “Carneval Richelieu” – e a certi membri del suo governo.

Con una prosa così limpida, Google Translate fa una traduzione decente, se vi avanza mezz’ora non perdetevi “The Gene Delusion” sul New Statesman e magari seguite Philip su Twitter per non perdere nulla di quello che scrive…

Traduco una solo una frase. Gli basta a liquidare l’idea di Richard Dawkins et al. secondo cui l’eugenetica funzionerebbe negli esseri umani come negli animali. Va condannata, dice Dawkins, ma selezionare in ogni generazione quelli con le caratteristiche “desiderabili”, produrrebbe sicuramente “umani che corrono più in fretta o saltano più in alto”.

  • Un fatto chiave che smentisce l’argomento di Dawkins è che l’elemento genetico di tratti “desiderabili” ma complessi come l’intelligenza tendono ad essere spalmati ampiamente e sottilmente su tutto il genoma, e talmente intrecciati con altri attributi da non essere affatto selezionabili.

Come diceva all’incirca Simone Weil, “il latte si prende dalle poppe ma è la mucca intera che lo fa.”

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Sul Guardian esce un’altra puntata dello scandalo seguito ai falsi di Sapan Desai et al. della ditta Surgisphere usciti su due “prestigiose” riviste biomed.

Mi ha fatto ritrovare l’articolo di storia della medicina di Deborah Doroshow et al. uscito un mese fa sugli Annals of Internal Medicine. Raccontano un secolo di emergenze, tutte con problemi analoghi che “erodono la fiducia nella ricerca biomedica e nel governo”. Fra gli esempi del presente e del passato,

  • Nel 1923, il medico Rufus Cole a capo dell’ospedale dell’istituto Rockefeller si lamentava con un collega dei trial di sieroterapia polmonare emersi dall’inizio dell’epidemia di influenza. “Basare sulla maggior parte dei rendiconti attuali un’opinione sull’efficacia di quel metodo è come fondarla sui risultati delle appendicectomie praticate da medici di famiglia sui tavoli da cucina!”

(Link aggiunto).

2 commenti

  1. “Un fatto chiave che smentisce l’argomento di Dawkins è che l’elemento genetico di tratti “desiderabili” ma complessi come l’intelligenza tendono ad essere spalmati ampiamente e sottilmente su tutto il genoma, e talmente intrecciati con altri attributi da non essere affatto selezionabili”
    Io non sono un esperto di nulla, quindi mi scuso se dico scemenze, però a me il ragionamento non pare filare (quello di Ball). Mi viene in mente la domesticazione della volpe artica, eseguita in Russia fin dagli anni ’60 da Dmitrij Beljaev e successori all’Istituto di Citologia e Genetica di Novosibirsk. Il loro punto era studiare la domesticazione degli animali e in particolare selezionare le volpi artiche partendo dalla caratteristica di docilità e accettazione del contatto umano. Con il passare delle generazioni hanno creato una varietà di volpe artica domestica che non solo è molto docile e addomesticata ma ha anche cambiato aspetto rispetto a quelle selvatiche (colore, lunghezza coda, forma orecchie). E “docilità” in un canide lo trovo molto simile a “intelligenza” in un uomo. Non c’è il gene della docilità. Seguendo il ragionamento di Ball pare che l’intelligenza umana sia un tratto “diverso” rispetto al resto del patrimonio genetico. Come se fosse speciale.
    Le informazioni sugli esperimenti di Beljaev li ho ricavati da un articolo di National Geographic del 2011 (cartaceo) Non l’ho trovato online in italiano ma ne ho trovato la versione inglese:
    https://www.nationalgeographic.com/magazine/2011/03/animal-domestication/

    1. Marco,
      ne so poco anch’io, ma credo che i risultati di Beljaev siano tuttora in discussione, per es. qui.
      Non c’è il gene della docilità.
      Già. Quali mutazioni su quali geni fanno sì che dei cuccioli lecchino la mano di un uomo – che magari li accudisce? Quelli che la mordicchiano sono indocili? Cosa percepiscono di diverso? Hanno paura e aggrediscono o stanno giocando? Ecc.
      Come per l’intelligenza, non esiste un consenso sulla definizione di docilità e del fenotipo che dovrebbe caratterizzarla. E’ il solito problema di nature and nurture, come distinguerne gli effetti?
      Se discendiamo da allevatori di bovini digeriamo il latte di mucca, una risorsa energetica in più durante la crescita, e il cervello ne richiede tantissima. Il gene mutato per “produrre” la lattasi anche dopo lo svezzamento modifica/migliora quale caratteristica ereditaria dell’intelligenza?
      Secondo Murray (non secondo Ball) e altri come lui, l’intelligenza è proprio un tratto “diverso”. Denota la superiorità ereditaria che determina il maggior successo nella vita. I diversi da lui – a cominciare dalle donne – non ci arrivano nemmeno con interventi tipo positive actions e simili.
      A proposito dell’idea di Dawkins sull’eugenetica che produrrebbe super-atleti, pare che si ci siano limiti fisiologici, stando a questa rassegna:
      Time series of performances in Olympic disciplines, such as track and field and swimming events, from 1896 to 2012 reveal a major decrease in performance development. Such a saturation effect is simultaneous in greyhound, thoroughbred, and frog performances
      Anche le rane!

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