Ruban noir

Per distrarmi provo a guardare i paper che mi ero segnata per un O’s digest, sembravano importanti. Non funziona. Penso lo stesso a Jack Steinberger e a Pietro Greco, ne leggo i necrologi per ritrovare almeno in parte il “mio” Jack, il “mio” Pietro nei ricordi e nell’affetto di altri. La rassegna che segue è incompleta e forse un po’ triste, ma dice quanto noi cronisti della scienza – dei suoi intrecci con la società, la politica, la finanza e la cultura – dobbiamo a entrambi.
Pietro aveva soltanto 65 anni, lo sapevamo felice e indaffarato nella sua Ischia. Ne parlano i suoi amici e studenti:

Di Jack Steinberger i pochi articoli usciti in italiano sono già su Wikipedia. Eppure aveva insegnato alla Normale di Pisa per anni, veniva alla Scuola estiva di Varenna, alle riunioni di Pugwash. Il comunicato del CERN è asettico. Per capirne il contributo alla fisica delle particelle (i neutrini innanzitutto), è meglio leggere Douglas Martin sul N.Y. Times o, più brevemente, Martin Weill sul Washington Post.
Mancano la musica, il flauto e Bach (Mozart in via eccezionale), l’umorismo, l’umiltà, il bullshit detector sensibilissimo, la gentilezza, la casa di Gex che Cynthia e lui tenevano aperta per gli amici, i “giovani” impilati nei letti a castello, e d’estate in tenda nel giardino – e la militanza.

Con Jack, siamo in migliaia – pacifisti, ambientalisti, per i diritti umani e civili, contro le ingiustizie, la pena di morte o le pseudoscienze, per il riconoscimento del lavoro delle scienziate – ad avere altri debiti ancora. Tempo, soldi, presenza alle manifestazioni (con un cartello fatto in casa), una firma su un appello dopo aver studiato la documentazione.
O con domande dopo aver ascoltato che cosa ci indignava. Ci faceva da bussola morale. Nella sua autobiografia non ce n’è traccia, “a chi vuoi che interessi?” Però era fiero di Julia, sua figlia, che gli somiglia.