Biocarburanti afro-italiani


La Kenya Jatropha Energy Limited – di proprietà della Nuove Iniziative Industriali s.r.l. – intendeva convertire 10.000 ettari di foreste del Dakatcha, in Kenya – tanto per cominciare e arrivare col tempo a 50.000 – in piantagioni di jatropha (foto) da cui trarre biocarburante da vendere a Ikea Italia.

Nell’analisi commissionata da Action Aid et al., considerata l’intera filiera la CO2 emessa dai biocarburanti sarebbe stata da 2 a 6 volte quella emessa dai carburanti fossili, il contrario di quanto sostenevano gli interessati.

Inoltre le piantagioni avrebbero acuito la carenza di acqua, l’erosione del suolo, l’insicurezza alimentare, causato la perdita di rare specie di animali e piante. Last but not least, una parte della popolazione sarebbe stata cacciata dalle proprie terre e l’altra ci avrebbe rimesso risorse da cui dipende per sopravvivere.

Ma l’azienda aveva promesso di costruire strade e ospedali e di dare lavoro a 7.000 persone, i governanti locali erano molto favorevoli. La National Environmental Management Authority ha negato l’autorizzazione lo stesso. Manche vinta, partita non ancora.

A Parigi intanto
(L’erede della Guinea Equatoriale ha una villa da $35 milioni, a Malibu)

Il comitato esecutivo dell’Unesco sta di nuovo discutendo del premio per le scienze della vita, intitolato a Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, in cambio di tre milioni di dollari versati dalla fondazione privata del dittatore che dal 1979 fa man bassa sulle risorse della Guinea Equatoriale, in particolare sulle royalties del petrolio.

Due anni fa, dopo molte proteste delle associazioni per i diritti umani, l’Unesco aveva sospeso il tutto. Il dittatore otteneva il sostegno dei colleghi nell’Unione africana – ma non di Desmond Tutu e altra gente rispettata – che hanno riproposto il premio a suo nome. Lo scorso febbraio però, il governo della Guinea Eq. nella persona di Téodorin detto Obiang Jr.  ha avvisato l’Unesco che i fondi non erano più forniti dalla fondazione, bensì dal Tesoro nazionale al quale essa sottrae i fondi per la spesa.

Entro stasera il comitato esecutivo dovrebbe decidere se tenersi i soldi cambiando il nome al premio. Sennonché i soldi potrebbero non essere dell’Unesco. Sempre il mese scorso, in un’inchiesta su dirottamento di fondi pubblici e corruzione, la polizia ha perquisito la “caverna di Alì Baba” di Téodorin Obiang Jr. in avenue Foch, e sequestrato roba varia per alcune decine di milioni. In aggiunta al valore di 5 Bentley e 7 Ferrari sequestrate nel settembre scorso.

Transparency International, all’origine dell’inchiesta, ha fornito al procuratore informazioni sulla fonte dei 3 milioni arrivati all’Unesco, in cui da ottobre Obiang Jr. è delegato permanente, con passaporto diplomatico, oltre che ministro dell’agricoltura e delle foreste quando gli capita di tornare a casa. Stipendio da ministro 6000 dollari/mese per cui si può permettere jet privato e yacht da $380 milioni.

Téodorin, ça va sans dire, farà causa per diffamazione a Transparency International.

O.T.
A chi segue le primarie repubblicane, l’oca raccomanda il Borowitz Report.