Ciumbia, che titolo

Chiama Radio popolare:

Su Repubblica, c’è la notizia di una ricerca di Stanford uscita su Nature, faresti un commento?

Ok. Guardo Repubblica:

Sperma e ovuli dalle staminali. “Figli a partire dalla pelle”.
Secondo la ricerca, gli scienziati hanno messo a punto un coktail di sostanze chimiche e vitamine che riesce a interagire con le cellule staminali embrionali, per trasformarle in ovociti e spermatozoi. Gli stessi scienziati contano di ripetere presto l’esperimento con cellule della pelle.

Si riferisce a questo paper uscito on line. A Stanford, Renée Reijo Pera e le ricercatrici del suo gruppo hanno usato cellule staminali prese da embrioni umani, per controllare l’effetto dei tre geni che modulano la differenziazione delle cellule e scoperto come portano alla formazione di spermatozoi ed oociti, cioè a cellule differenziate e con un corredo cromosomico per una mentre tutte le altre ne hanno due.

Un bel lavoro che promette applicazioni terapeutiche:  l’infertilità deriva spesso da difetti genetici nei gameti,  sapere come son prodotti conviene. Pelle e cocktail niente, nemmeno nel com. stampa di Stanford. Eppure Carlo Alberto Redi pare averli visti e intervistato da Repubblica, dice:

Dopo questo importante passo in avanti siamo sempre più capaci di elaborare quei cocktail, quelle sostanze che sono in grado di far differenziare artificialmente le cellule staminali embrionali (cioè indifferenziate).

Che stia parlando di questo?  Su Nature di questa settimana, ricercatori di università inglese, cinese, giapponese e americana, ma non di Stanford, scrivono di aver prelevato dalla pelle di topi delle cellule  – già differenziate, quindi – e di averle coltivate in un intruglio che le ha fatte tornare cellule staminali embrionali non ancora differenziate. Magari Carlo A. ha messo insieme i due papers, succede. Ma i “figli a partire dalla pelle”, da dove son saltati fuori?

p.s.  Il titolo del post allude a una pubblicità su radio pop in cui una voce femminile ed estasiata dice “Ciumbia, che mantra!”. Non so perché, mi mette di buon umore.