Oggi è uscito il primo
comprehensive, evidence-based Worldwide Land Degradation and Restauration Report
dell’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), una sorta di IPCC istituito dai paesi firmatari della convenzione dell’ONU contro la desertificazione. E’ uno dei cinque rapporti presentati all’assemblea di Medellin, gli altri riguardano acqua, biodiversità, ecosistemi costieri e impatto economico-sociale del loro degrado, suddivisi in Africa, America, Asia-Pacifico e Europa-Asia centrale.
Com. stampa (cerca di non essere deprimente…), rif. anche The Guardian.
Un’impresa pazzesca. Le ricerche sullo stato dei suoli e delle terre emerse sono in gran parte locali, pubblicate su riviste nazionali e non sempre scientifiche, in base a priorità e scopi spesso contraddittori. Per di più i modelli ecosistemici o anche su singoli biomi sono regionali, e le proiezioni fino al 2050 hanno notevoli margini di incertezza.
Insieme a Robert Scholes, l’impresa è stata coordinata Luca Montanarella del JRC che aveva descritto gli ostacoli, anche diplomatici, in un articolo su Nature (e a radiopop) – due anni fa.
Be’, ce l’ha fatta, complimenti.
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Tutti i rapporti IPBES lamentano la mancanza di dati. Idem su Nature Eco&Evo Don Driscoll et al. a proposito della Convenzione sulla biodiversità i cui paesi firmatari promettono di finanziarne la raccolta dal 1992. Risultato:
many key drivers of biodiversity loss are either poorly evaluated or entirely lacking indicators. We use a biodiversity-crisis hierarchy as a conceptual model linking drivers of change to biodiversity loss to evaluate the scope of current indicators. We find major gaps related to monitoring governments, human population size, corruption and threat-industries.
Avevo segnalato la resilienza delle popolazioni africane dopo il lungo inverno causato dall’eruzione del Tambora, 74 mila anni fa. Dagli scavi di Star Carr, nello Yorkshire, risulta che quelle britanniche si erano adattate bene circa 9-8 mila anni fa quando, finita l’era glaciale, per secoli
the community was subject to multiple, severe, abrupt climate events that impacted air temperatures, the landscape and the ecosystem of the region. […] Instead we show that local, intrinsic changes in the wetland environment were more significant in determining human activity than the large-scale abrupt early Holocene climate events.
scrivono Simon Blockley et al. Guarda caso, secondo il rapporto IPBES una delle prime cose da fare per limitare il degrado è tutelare o restaurare acquitrini e paludi (wetlands).
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Dopo sette anni di polemiche, dati condivisi solo dopo varie sentenze, statistiche dubbie, conflitti d’interesse, indagini parlamentari ecc., ce l’hanno fatta anche Carolyn Wilshire dell’univ. Victoria, Bruce Levin della Columbia e agli altri critici dell’esperimento clinico “PACE” condotto dalla Queen Mary di Londra, sull’efficacia delle cure naturali per la sindrome da fatica cronica (anche ME per myalgic encephalomyelitis):
On the original protocol-specified primary outcome measure – overall improvement rates – there was a significant effect of treatment group. However, the groups receiving CBT [Cognitive behavioral therapy] or GET [Graded exercise therapy] did not significantly outperform the Control group after correcting for the number of comparisons specified in the trial protocol. Also, rates of recovery were consistently low and not significantly different across treatment groups. Finally, on secondary measures, significant effects were almost entirely confined to self-report measures. These effects did not endure beyond two years.
C’era una terza opzione:
Adaptive Pacing Therapy, in which patients were advised not to exceed a certain level of activity, was created specifically for the trial. Results for this trial arm did not differ significantly from those for the Control arm for any of the outcomes considered in this article.
I primi risultati erano stati pubblicati dal Lancet nel 2011, e subito contestati. Alcuni autori del paper uscito giovedì avevano anticipato la rianalisi dei dati nel settembre 2016:
the previously reported recovery rates were inflated by an average of four-fold [sic]
e scritto al direttore del Lancet Richard Horton,
stating that the trial’s flaws “have no place in published research.” Surprisingly, the PACE authors, The Lancet, and others in the U.K. medical and academic establishment have continued their vigorous defense of the study, despite its glaring methodological and ethical deficiencies.
“Surprisingly” sarà ironico?
Horton ha rifiutato di pubblicare commenti che segnalavano errori, perché facevano parte di un complotto per “discreditare la ricerca”. D’altronde aveva difeso per dieci anni la frode di Wakefield et al. sui vaccini e l’autismo.
Rif. anche Science Media Centre.
Su un tema affine, l’ombudsman della CE ha scritto a Leonid Schneider che forse il trial TETRA non si farà:
“The INSPIRE project was suspended in December 2016. So far no patients have been recruited for, or treated on, the INSPIRE trial. It is thus not currently possible for the participants in the TETRA project to request authorisation for the phase II clinical trial.”
Qualcuno avvisi il dott. Cesare Piazza dell’università di Brescia…
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Mario Schietroma perde un’altra pubblicazione i cui valori p sono privi di significanza,
Last year, the Journal of the American College of Surgeons retracted a 2015 paper after confirming “the statistical results are incorrect and the data do not support the conclusions of the article.” A few months later, a JAMA journal issued an expression of concern for a 2013 paper after discovering “substantial overlap” with the retracted 2015 paper; the JAMA editors called for the University of L’Aquila to conduct a formal investigation into the team’s work. Schietroma has had two other papers retracted—one last year and one in 2013—due to “similarities” to previously published work.
Stando alla rettore dell’università dell’Aquila, ci sarebbe un’indagine in corso. Dal 2013? Dal 2015? Da domani?
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I taxisti del mare sono italiani e non sono Ong