Dopo la Chieti-Pescara Petition

I 92 firmatari della Chieti-Pescara Petition, indirizzata ai Presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio, sono certi che (ripeto per i distratti)

  • le nostre emissioni  di gas serra non hanno un effetto serra
  • gli unici modelli climatici e metereologici [sic] affidabili siano quelli di Scafetta e Madrigali
  • il raffreddamento globale è iniziato nel 2002 e l’era glaciale nel 2004
  • i consumi di combustibili fossili giovano all’umanità, alle piante e al pianeta.

Sabato hanno gioito: Trump, il suo amico saudita che ha fatto assassinare il giornalista del Washington Post, e il premier giapponese terrorizzato da eventuali dazi hanno impedito ai paesi del G20 di prendere impegni seri per limitari i danni climatici.
Purtroppo la letizia è stata di breve durata.

Nonostante la morsa del gelo, il governo nella persona di Marco Bussetti del MIUR, complice Massimo Inguscio, presidente del CNR, s’è schierato con il 99,99% dei climatologi italiani che i firmatari accusano di essere inetti, avidi e corrotti. Giusto sabato infatti, sotto un sole cocente congelante il ministro Bussetti e il presidente Inguscio hanno visitato la stazione di ricerca artica di Ny-Ålesund nelle Svalbard, apprendevano da un com. stampa emesso domenica per rovinare loro il giorno del Signore.

Il ministro ha annunciato altri finanziamenti, aggravando così l’itterizia dei firmatari più pii, per coordinare le ricerche nell’Artico e in Antartide. Per dirla con il presidente :

  • In sintesi, l’Artico si scalda più rapidamente di ogni altra regione del pianeta, con conseguenze negative anche alle medie latitudini, incluso gli effetti sul Mediterraneo. Entrambe le regioni polari sono cruciali per la stabilità climatica e ambientali del pianeta. 

Parole sante, prof.
L’Antartide si scalda meno rapidamente, ma da 2014 al 2017 anche la sua banchisa è calata, insieme all’albedo. Guardi il paper di Claire Parkinson uscito ieri sui PNAS:

  • A 40-y record reveals gradual Antarctic sea ice increases followed by decreases at rates far exceeding the rates seen in the Arctic.

Era successo a metà degli anni ’70 con una variazione meno vistosa, uno dei mari locali è in controtendenza, il piccolo rimbalzo del 2018 quest’anno è sparito.
L’analisi dei dati satellitari riguarda soltanto l’estensione, non il volume della banchisa e non si sa se il calo proseguirà. Con quarant’anni di dati però, scrive l’autrice, diventa possibile

  • collegare i dipoli e le oscillazioni finora studiate separatamente, così come i fenomeni del Niño e dell’Oscillazione meridionale sono stati collegati nell’ENSO. Un legame via l’altro la comprensione del sistema climatico terrestre, estremamente interconnesso anche dalla copertura di ghiaccio marino, potrebbe migliorare parecchio.

Rif. anche il Guardian.

Mentre ci sono, aggiungo un po’ di risultati che i promotori della Chieti-Pescara Pet. devono negare, appena finito di falsificare la teoria analitica del calore di Fourier e la termodinamica, oltre a due secoli di misure, osservazioni ed esperimenti.

In un famoso paper uscito su Nature Climate Change nel 2011, Ulrike Burkhardt e Bernd Kärcher avevano stimato la forzante radiativa – il riscaldamento aggiunto all’atmosfera – dalle scie degli aerei che formano cirri ad alta quota. Era nettamente superiore a quella delle loro emissioni di CO2.

Adesso su Atmospheric Physics & Chemistry insieme a Lisa Bock, Ulrike Burkhard ne simula il riscaldamento fino al 2050, in base all’aumento del traffico e del consumo di carburante previsto dagli economisti, e alle misure più precise delle emissioni fatte nel frattempo.
In 30 anni, aumenta di tre volte, ma in uno dei loro modelli si riduce del 15% circa con carburanti che producono un 50% in meno di fuliggine – o particelle carboniose come preferisce dire Stefano Caserini. Rif. anche Science.

Nature Eco&Evo di luglio è dedicato alle origini e all’adattamento delle patate europee – spoiler: c’entra il clima. Fra altri paper interessanti, ne segnalo giusto uno da chiedere a chi è abbonato. Songhan Wang et al. dell’università cinese di Nanjing hanno avuto un’idea fantastica, trovo.
Hanno usato 880 gradienti (differenze) città-campagna della temperatura e della concentrazione atmosferica di CO2 per confrontare la crescita e la fenologia fotosintetica – il ciclo stagionale della clorofilla, per semplificare – delle piante in città e in campagna attorno ai 30° di latitudine nord.
Così hanno misurato cosa succederà alle piante in campagna quando la temperatura e la concentrazione di CO2 saranno aumentate fino al loro livello attuale nelle città:

  • in condizioni urbane, l’attività fotosintetica della vegetazione cominciava prima (5,6+/-0,7 giorni), culminava prima (4,9+/-0,9) e finiva dopo (4,6+/-0,8) che nelle zone rurali circostanti. Colpisce che la sensibilità al clima fosse da due a quattro volte maggiore della fenologia del verde. Mentre l’inizio e il culmine della stagione erano legati sia alla temperatura che all’arricchimento della CO2, il ritardo della fine era dovuto principalmente a quest’ultimo.