Nel 2019, le emissioni di CO2 dovute ai combustibili fossili aumenteranno “soltanto” di 0,6% – rispetto a 2,8% in 2018 – stimano Glen Peters, Corinne Le Quéré et al. del Global Carbon Project sulle Environmental Research Letters. Su Nature Climate Change scrivono che di questo passo non c’è verso di restare entro +1,5 o 2 °C come previsto dell’Accordo di Parigi, senza tecnologie “a basso tenore di carbonio”.
(Per i dettagli, trovate il “Global Carbon Budget 2019” con tutti i dati su Earth System Science Data.)
Alcuni autori hanno presentato l’analisi questa mattina alla COP25 durante un conferenza stampa. Per i giornalisti che erano a Madrid, appena scaduto l’embargo ieri sera, la presentazione era sul sito del Global Carbon Project e Carbon Brief aveva pubblicato un’ottima divulgazione. Rispetto alle COP precedenti, la comunicazione della scienza sembra parecchio migliorata.
Su scala globale, aumenta innanzitutto il consumo di metano (2,6%), un po’ meno quello del petrolio (0,9%) e cala (-0,9%) quello di carbone, in USA del 2,8% rispetto al 2018 nonostante la propaganda di Trump… Il rallentamento varia secondo le regioni da – 0,2 a +1,5% e la quasi totalità del +0,6% globale è dovuto alla Cina.
La UE potrebbe fare di meglio – come tutti. L’anno scorso aveva ridotto le emissioni del 2,1%, quest’anno circa dell’1,7% (da -3,4 a +0,1%), “attribuibile principalmente a una riduzione del 10% delle emissioni basate sul carbone”. In media mondiale, emettiamo 4,8 tonnellate di CO2 a testa, ma le differenze restano enormi:
- In Australia, Stati Uniti, Cina e Unione Europea le emissioni di CO2 erano ben sopra la media (rispettivamente 16,9, 16,6, 7,0 e 6,7 tonnellate a testa). […] Invece in Africa sono soltanto di 1,1 tonnellate e in India di 2 tonnellate.
Le disuguaglianze sono peggiori se si considerano i trasporti, automobili in primis.
La notizia semi-buona è che il carbone si usa sempre meno, quella cattiva è che viene sostituito dal metano – e se Trump riesce a impedire che l’EPA limiti il suo rilascio in atmosfera durante l’estrazione peggiorerà ulteriormente. Dal paper su Nature Clim. Change:
- Sebbene il metano possa essere necessario per facilitare la transizione a un’energia non fossile in alcune circostanze nazionali, un suo maggior uso senza CCS [tecnologie per la cattura dall’aria e lo stoccaggio del carbonio] potrebbe limitare la capacità di raggiungere obiettivi climatici ambiziosi.
Il mercato del gas liquido sta crescendo rapidamente e continuerà a farlo nei prossimi decenni, mentre
- i piani per sviluppare CCS che potrebbero limitarne gli impatti climatici tardano e restano tuttora allo stadio di dimostrazioni su piccola scala.
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Sulle Geophysical Research Letters, Zeke Hausfather et al. confrontano le temperature proiettate da 17 modelli pubblicati tra il 1970 (il mitico Watanabe et al.) e il 2001. Sorpresona: in 10 modelli corrispondono alle temperature osservate da allora. In altri quattro, la differenza è dovuta a previsioni sbagliate dello sviluppo economico, delle conseguenti emissioni di gas serra, aerosol ecc. e delle misure per ridurre l’inquinamento. In quello di Hansen del 1988 per esempio, lo scenario B non aveva anticipato il Protocollo Montréal e il bando dei CFC.
Nel resto la fisica sottovalutava l’effetto delle forzanti e la temperatura era troppo bassa.
Tweet di Hausfather, com. stampa UC Berkeley, articolo di Warren Cornwall su Science:
- The new research is a useful exercise that “should provide some confidence that models can be used to help provide guidance regarding energy policies,” adds Hansen, now director of the Climate Science, Awareness and Solutions Program at Columbia University. He communicated with Science from Madrid, where world leaders are gathering this week for the 25th annual United Nations climate conference.
agg. 5/11: Gavin Schmidt, un co-autore, ne scrive da Real Climate. Contorsioni esilaranti di Roger Pielke Jr sotto il post, per ripetere che tutti i modelli sono inaffidabili.
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Da Climalteranti, Stefano Caserini spiega cosa aspettarsi e non aspettarsi dalla COP25 – e il masochista Franco Battaglia continua a farsi sbeffeggiare.
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Da Cattivi scienziati, Enrico Bucci – dicevo ieri -aveva pubblicato un post sulla partecipazione dell’Istituto Bruno Leoni alla rete internazionale schierata contro le scienze del clima. Oggi pubblica e smantella la risposta di Carlo Stagnaro che tenta di nuovo di negare il negazionismo dell’IBL. Estratto:
- Questa “negazione del negazionismo” è però veramente debole: difatti, come ho già scritto, IBL non si affianca semplicemente a dei “compagni di strada” negazionisti come lo Heartland Institute, ma fa parte di organizzazioni dedicate ESCLUSIVAMENTE al negazionismo climatico (e non alla generica difesa del libero mercato), come per esempio la Cooler Heads Coalition. Quindi, il tentativo di giustificare certe affermazioni ed il rilancio di certi materiali come “incidente di percorso” dovuto a certe frequentazioni è semplicemente ridicolo, così come la tesi che IBL non abbia una precisa posizione in tema di cambiamento climatico (e non solo sulle policies da adottare).
Il meglio viene dopo…
La modestia non è mai abbastanza, si dice, ma in questo caso è davvero falsa.
Infatti se invece di considerare un anno (e nemmeno due o tre, dato che lo iato della crescita nelle missioni tra il 2014 ed il 2016 che aveva suscitato premature speranze si è rivelato una semplice fluttuazione di breve periodo) si guarda ai trend di medio/lungo periodo la situazione globale immodestamente è la seguente:
le emissioni umane di CO2 da fonti fossili continuano as usual la loro crescita.
Nel lungo periodo emerge che la crescita media delle emissioni in questo secolo vale circa 5 GtCO2 al decennio, maggiore a quella media negli ultimi 60 anni e del tutto paragonabile a quella registratasi tra il 1960 e il 1980 (gli anni del boom petrolifero).
Poi se vogliamo distogliere l’ attenzione sulla realtà della completa assenza di riduzione delle emissioni (o meglio, anzi peggio, assenza della riduzione del rateo di aumento delle emissioni al di là delle fluttuazioni temporanee), possiamo passare il tempo ad interessarci delle disquisizioni in atto nella COP25, fornendone un resoconto beatamente eufemistico.
possiamo passare il tempo ad interessarci delle disquisizioni in atto nella COP25, fornendone un resoconto beatamente eufemistico.
???
Già, mi raccomando raccontiamoci che l’ Accordo di Parigi, funziona, non è perfetto ma è un importante passo sulla strada giusta, come quello di Kyoto, che le varie COP hanno ottenuti risultati concreti nell’ ambito di una franca discussione tra punti di vista diversi etc etc
… poi guardiamo alla realtà delle emissioni…
Ma quanti anni in cui le emissioni continueranno a crescere unabated bisognerà aspettare perchè si dia retta ad Hansen???
https://theecologist.org/2017/nov/09/james-hansen-cop23-voice-dissent
Già, mi raccomando raccontiamoci che l’ Accordo di Parigi, funziona
???
Di chi e a chi sta parlando?
Se segue il link da lei inserito
al sito Climalteranti in cui lei stessa opera di solito come traduttrice e a volte come “battagliante” lo scoprirà.
Ah ecco, lei ha sbagliato blog.
Ha sbagliato anche come “operiamo” da Climalteranti, eppure sotto ogni testo sono indicati gli autori dei post e chi ci ha contribuito.
Se un giorno seguirà il link che ho inserito, vedrà che il testo sulla COP25 ha soltanto due autori che non raccontano né si sono mai sognati di raccontare “che l’Accordo di Parigi funziona”
Sì grazie avevo seguito il link inserito. Come pure da tempo seguo i resoconti irremediabilmente speranzosi sulle varie COP nello stesso sito.
Il punto è che in questo come in altri blog in cui si cerca di sensibilizzare i lettori sulla necessità di affrontare la cosiddetta “crisi climatica”, sarebbe imo importante evidenziare il fatto che l’ Accordo di Parigi non sta funzionando.
Poi se ci vogliamo continuare ad illudere parlando di risultati “modesti” (quando sono nulli in termini di riduzione delle emissioni), evitando di guardare in faccia la realtà, va bene così.
Ripeto, chissà quanti anni passeranno prima che le varie ONG, i giornalisti anti-negazionisti, gli attivisti climatici e tutti coloro che sono da essi informati sui pericoli del GW si rendano conto che le idee di Hansen sul tema sono realistiche e andrebbero evidenziate e non soffocate dalla copertura mediatica politicamente corretta che accompagna ogni anno l’ ennesima COP
https://medium.com/thebeammagazine/that-day-we-met-with-james-hansen-746b5fcc2a2d
C’è anche Johan Rockström a lanciare l’allarme:
https://www.theguardian.com/environment/2019/dec/08/un-climate-talks-are-failing-to-see-urgency-of-crisis-says-scientist
“We are at risk of getting so bogged down in incremental technicalities at these negotiations that we forget to see the forest for the trees,” said Johan Rockström, joint director of the Potsdam Institute for Climate Impact Research. “There is a risk of disappointment in the UN process because of the inability to recognise that there is an emergency.”
Certo il riferimento al Geoengineering l’avrei evitato..