Dopo Eve Curie in Joliot, figlia di Marie, e Aage Bohr, figlio di Niels, un altro figlio di Nobel lo riceve anche lui per lavori che continuano quelli paterni. Roger Kornberg, come Arthur Kornberg, si occupa di biologia molecolare. Arthur dell’informazione genetica che passa da una molecola all’altra di Dna, quindi dalla cellula madre alla cellula figlia. E Roger della trascrizione dell’informazione dalla molecola di Dna a quella di Rna messaggero, quindi di quello che avviene all’interno della stessa cellula.
La cosa strana è che nel 1959 suo papà aveva ricevuto il Nobel per la medicina e invece lui lo riceve per la chimica. Anche se il comunicato ufficiale sottolinea l’importanza delle sue scoperte per la clinica, e in particolare per capire meglio le cellule staminali e le loro possibili applicazioni terapeutiche. Anche se a Stanford dirige il laboratorio di biologia strutturale alla Scuola di medicina.
A parte Whitesides, che forse di medaglie ne ha già avute abbastanza, a parte Lia Addadi che ha scoperto le trasformazioni del carbonato di calcio da crosta grigia a madreperla o a cristalli trasparenti in organismi marini, e la “chimica verde” che non inquina o disinquina, la chimica dell’atmosfera, dell’energia o quella teorica… Sembra che la chimica vera e propria stia scomparendo dai Nobel: dal 2000, sono andati cinque volte ai biologi.
Potrebbe essere anche colpa nostra – di noi cronisti, intendo: di chimica parliamo poco e quasi sempre in caso di catastrofi ambientali. Come se c’entrassero con la ricerca. Detto questo, Kornberg è simpatico, un californiano “laid-back” che in laboratorio, oltre ai post-doc ha pure un post-dog. O meglio una post-dog, è femmina.