Fino a pochi mesi fa, i neuroscienziati erano convinti che durante il sonno l’ippocampo spediva i ricordi della giornata alla neocorteccia perché li filtrasse e gli rispedisse quelli utili. Da novembre – e da un articolo su Nature Neuroscience le ricerche di Bert Sakmann (premio Nobel) al Max Planck in Germania dicono che succede il contrario: è la neo-corteccia che scarica.
Sui PNAS di oggi, Mayank Mehta dell’università Brown scrive che ha controllato, è proprio così. Ha anestetizzato dei ratti, con degli elettrodi ne ha registrato l’attività neuronale nella neocorteccia e nell’ippocampo, e misurato un ritardo di una frazione di secondo fra il momento in cui s’attivava la prima e quello in cui la stessa attività veniva “riecheggiata” dal secondo.
Da prendere con le molle finché qualcuno scopre cosa succede ai ratti che s’addormentano spontaneamente.
Su Nature Neuroscience uscito ieri invece, Scott Cruikshank e altri di Brown e dell’università della California a Davis, scrivono che all’inizio della percezione di un nuovo stimolo, le cellule inibitrici della corteccia ricevono otto volte più impulsi dal talamo che le cellule eccitatorie. Anche qui, il contrario di quello che si credeva. Alla corteccia pare servire una calmata, a eccitarsi ci pensa da sola. Almeno nei topi.
E sempre in tema di ripensamenti, all’Istituto Linus Pauling dell’università statale dell’Oregon, Balz Frei studia anche lui i flavonoidi. Quei polifenoli abbondanti in frutta e verdura, ma anche in caffè, tè, birra, vino e cacao – sono raccomandati come antiossidanti perché assorbirebbero i radicali liberi.
In provetta senz’altro, non nel corpo scrive Frei su Free Radical Biology and Medicine (rivistina, ma altre più prestigiose potrebbero aver rifiutato l’articolo per non smentire anni di pubblicazioni). Finiscono subito nella pipì perché vengono riconosciute come sostanze estranee di cui sbarazzarsi al più presto.
Mentre la vitamina C – fino a un livello ottimale – è assorbita dai tessuti e si ferma nelle cellule dove “come antiossidante è da 1000 a 3000 volte più efficace dei flavonoidi”. Questi però, in dosi minime, potrebbero innescare una reazione “purgante”: pur di eliminarli, l’organismo produrrebbe enzimi utili anche contro i tumori e le malattie cardiocircolatorie.
Notare che l’istituto si chiama Linus Pauling perché studia principalmente i benefici della vitamina C.