Assioni, baciamano e ancora galassie cannibali

Frank Wilczek che derivò la parola “assione” da Axion, un detersivo, e ricevette un premio Nobel (per altri motivi).

Sono tra le particelle candidate a comporre la materia oscura, quel 23% dell’universo di cui non si sa nulla, e pare che ci siano anche tra noi. Quest’estate dovrebbe partire l’esperimento ideato da Pierre Sikivie all’università della Florida, e altri del Lawrence Livermore Laboratory, che riprende con strumenti un po’ diversi quello degli italiani all’Istituto di fisica nucleare di Legnaro, che fece tanto discutere l’estate scorsa. Lo raccontavano alle Oche, un sabato di fine luglio.

L’esperimento americano è descritto qui, e molto meglio sulle Physical Review Letters ma ci vuole l’abbonamento.

Dopo il video sulla Via Lattea e Andromeda, sulla Physical Review Letters, ma gratis on-line, c’è un’altra puntata hollywoodiana su cosa succede quando due galassie si cannibalizzano. Se al centro hanno ciascuna un buco nero supermassiccio, questi raggiungono i 4000 chilometri al secondo, la velocità di fuga anche dall’enorme galassia risultante dal merger. E mentre se ne vanno, producono un putiferio di onde gravitazionali.

Se accade nell’ammasso della Vergine, sarà contento Carlo Bradaschia e i suoi amici dell’antenna Virgo, a Cascina, provincia di Pisa, che si chiama così – l’antenna – perché punta sull’ammasso in questione nella speranza che fra le sue migliaia di galassie se ne scontrino due e accada un bel disastro.

Comunque volevo dire che su un prossimo numero delle Physical Review Letters, Manuela Campanelli e altri astrofisici dell’università di Rochester pubblicheranno i risultati di una simulazione del comportamento dei due buchi neri supermassicci durante la cannibalizzazione, e ne salta fuori una megagalassia sempre con un buco in centro, però vuoto anzicché nero. Anziché? Anzi che? Come si scrive?

Il tutto illustrato in fondo a questa pagina (non vi metto il link diretto, così magari le date un’occhiata).

L’altra cosa, è tanto che non dico niente di fisica, neppure per la morte di Gilles De Gennes la settimana scorsa, Nobel francese per la materia molle, esperto in colle che attaccano anche le ali agli aerei, in mucchi di sabbia che si sgretolano e in sacchi di biglie che si deformano, negli ultimi anni animator cortese – baciamano alle giovani ricercatrici! alle vecchie croniste una pacca sulla spalla… – della cerimonia parigina per i premi Unesco-L’Oréal.

L’altra cosa, arrivo al dunque, riguarda i condensati di Bose-Einstein, gli atomi ultrafreddi e la difficoltà di padroneggiare effetti quantistici anche quando sono stati descritti alla perfezione dai teorici per ottant’anni e passa. Per farla breve, la superfluidità che Moses Chan ed Eun-Soung Kim della Penn State University avevano scoperto tre anni fa (cf. Science del 24 settembre 2004) in cristalli di elio-4, cioè in atomi che formano un supersolido, potrebbe non esserci.

E io che ci avevo scommesso per un Nobel. Adesso c’è dibattito. Grande l’articolo di Matthew Chalmers su Physics World.