Piova pure acido, disse l’albero, ma non solforico

Su Nature, escono i risultati di CarboEurope – www.carboeurope.org – una ricerca sull’effetto di anidride carbonica e azoto piovuti sulle foreste europee, coordinata da Federico Magnani dell’università di Bologna. Il comunicato è stato preparato da Fabiana Fini, che ricordo ai tempi del master in comunicazione della scienza a Trieste. Fatto bene, anche se a me, stagionata, il titolo sulle piogge acide benefiche evoca quelle piene di H2SO4 che rovinavano le foreste nordiche decenni fa.
Invece la faccenda è questa, come l’ha scritta lei parlando con i ricercatori (brava, no?):

La sorpresa riguarda gli effetti della deposizione al suolo di composti dell’azoto, presenti nell’atmosfera in buona parte a causa dell’inquinamento di origine antropica: emissioni industriali, veicolari, agricoltura intensiva, ecc. “Attraverso l’elaborazione di dati sperimentali raccolti dall’Alaska al Mediterraneo e dalla Nuova Zelanda alla Siberia è stato dimostrato che esiste una relazione stretta e positiva fra l’ azoto e l’accumulo netto di carbonio nelle foreste” spiega Federico Magnani. “Per ogni chilogrammo di azoto che piove sulle foreste come risultato ultimo dell’inquinamento, circa 400 chilogrammi di carbonio in più vengono sequestrati dall’ecosistema. Senza ovviamente concludere che l’immissione in atmosfera di composti dell’azoto vada incentivata, abbiamo messo in evidenza come il cambiamento climatico globale sia un fenomeno complesso in cui si possono determinare inattesi, quanto importanti, fenomeni di compensazione”. Lo studio dimostra che l’assorbimento di anidride carbonica da parte delle foreste è influenzato in modo decisivo dalle attività dell’uomo, il cui comportamento diventa quindi cruciale, anche sotto questo aspetto, nel determinare i mutamenti del clima. Secondo Marco Borghetti, uno degli autori dello studio, “per avere foreste efficaci nel sottrarre anidride carbonica all’atmosfera bisogna ridurre la fase di senescenza del bosco, pianificando nei tempi opportuni gli interventi selvicolturali. Così come è importante limitare le lavorazioni del terreno al momento della piantagione degli alberi. O, meglio ancora, adottare metodi selvicolturali che consentano alla foresta di rinnovarsi per via naturale, facendo in modo che quando si taglia un albero vecchio ce ne sia uno giovane pronto a sostituirlo.