Conflitto di interessi misti

Ieri su Nature c’era un editoriale incavolato nero:  “How not to mix science and politics”. Provo a spiegare lo scandalo. L’11 nov. usciva sul New York Times l’articolo “This is your brain on politics” (“on” come per la droga, cioè questo è il tuo cervello sotto l’influenza della politica) di Marco Iacoboni, Joshua Freedman e Jonas Kaplan, univ. California a Los Angeles, Kathleen Hall Jamieson, univ. Pennsylvania, Tom Freedman, Bill Knapp e Kathryn Fitzgerald della FKF Applied Research.

Andrebbe letto tutto, ma siamo tutti presi quindi…

Sunto: 20 volontari, 10 donne e 10 uomini, registrati come elettori, che hanno detto di non sapere per chi avrebbero votato nelle presidenziali. L’attività cerebrale ne è stata mappata  mentre guardavano le etichette “Democrat” “Republican”, “Independent”, foto di candidati ed estratti video di loro discorsi.

Prima e dopo hanno risposto a un questionario attribuendo punteggi da 0 a 10 ai vari candidati.

Risultati: Le etichette attivavano l’amygdala legata all’ansia, a volte questa e l’insula legata al disgusto soprattutto negli uomini davanti a “Republican”, ma anche lo striato ventrale e altre aree legate a ricompensa e desiderio di legame. Negli uomini c’era poca reazione davanti a “Independent”. Negli elettori sfavorevoli a Hillary Clinton nel questionario, la sua vista attivava la corteccia cingolata anteriore “un centro emotivo del cervello stimolato quando ci si sente spinti ad agire in due modi diversi e si deve sceglierne uno solo”.

E così via per Giuliani, Romney, Obama, Edwards, McCain…

Commenti: L’attività cerebrale contraddice in parte o del tutto i punteggi dei questionari, comunque gli autori ne deducono le chances del candidato e suggeriscono come migliorarle e catturare i voti degli indecisi. I quali, vista la contraddizione di prima, sono la maggioranza del campione – che pertanto  non è rappresentativo.

I dati sono estratti non si sa come dal rumore di fondo, le aree sono legate a un’emozione sola, le interpretazioni talmente banali da farmi sospettare che la ricerca sia stata inventata e da spingere a Nature a chiedere “Ma ci voleva uno scanner da 3 milioni di dollari per sapere che Hillary Clinton deve ottenere il sostegno di elettori indecisi?”

I primi 4 autori lavorano per enti pubblici, gli altri tre per la FKF “azienda high-tech di business intelligence di prossima generazione” che “guarda nella mente dei consumatori” e “vende ricerche basate su imaging cerebrale” alle “Fortune 500” cioè le 500 società americane – multinazionali, in realtà – con più fatturato e profitti stando alla rivista Fortune. Sul serio.

La ditta “leader del neuromarketing” avrebbe anche un’etica.

La merce: FKF vende a produttori di auto, bibite, alcolici, catene di distribuzione etc. una valutazione sull’efficacia di loro spot televisivi andati in onda durante il Superbowl,  grazie un’altra “ricerca” diretta da Iacoboni l’anno scorso. Credibile quanto questa, se l’avessi comprata chiederei il rimborso.

I clienti: FKF scrive “Fortune 500” senza precisare, vedete un po’ voi se cambiare marca.

Gli autori: I ricercatori dell’univ. California sono stati finanziati altre volte da FKF, Joshua Freedman ne è uno dei fondatori.

Prima protesta: Si sono discreditati con un articolo che disinforma e idem il N.Y. Times che l’ha pubblicato, scrivevano ieri l’editorialista di Nature e il 14 novembre 17 ricercatori in una lettera al direttore del NYT.

Morale: I lettori che comprano il quotidiano per essere informati sono rimasti truffati; i primi quattro ricercatori con una fama di venduti; io con l’idea che il neuromarketing provocherà una rivolta contro le neuroscienze in generale e se i neuroscienziati onesti non fanno qualcosa se la saranno cercata; la FKF con una pubblicità della madonna.

Grazie alle neuroscienziate oneste che mi hanno aiutata e buon week-end lo stesso.

P.S. I fondatori della FKF sono legati al partito democratico.
P.S. bis Oggi esce Science, e una vera ricerca sullo striato ventrale