Capre altrui e cavoli miei

A proposito degli animali usati per ricerca, Maurizio segnala che dal marzo scorso la Marina britannica non usa più le capre negli esperimenti sugli effetti da decompressione nei sommergibili. Per i risultati soddisfacenti che sono stati raggiunti, dice il ministro della difesa. Meno soddisfacenti per le capre, certo, e sembra sempre paradossale gli eserciti abbiano bisogno di animali per salvare le vite dei propri soldati e per trovare il modo di ammazzare più efficacemente – mi veniva “meglio”… – quelli altrui.

Stamattina, sento a radio popolare un dibattito sull’etica, attorno alla faccenda dei mitocondri trapiantati in un ovulo fecondato. Parte bene, gli ascoltatori – tutti uomini – hanno il tempo di spiegarsi, di deplorare l’uso dei valori come clavi contro gli avversari politici, di notare contraddizioni interne alle visioni cattoliche e laiche.

Ma sembrano tutti pensare che l’etica sia un elenco di divieti. Immancabilmente, alcuni accusano la scienza di cinismo, di arroganza, di non accettare limiti ecc. La descrivono come un’attività aliena, praticata da alieni che niente hanno a che fare con la cultura, con la società, eppure la stanno sconvolgendo… Temevo che andasse a finire così malgrado gli sforzi di Massimo, il conduttore.

Cosa manca? Un’etica laica pensata in termini di libertà, a partire da quella di condividere o meno certi divieti, d’accordo, ma a parte questo, da dove viene la visione della scienza una e monolitica, se non lo è mai stata, e di un corpo estraneo se a farla è gente come noi?

Coincidenza, devo preparare un percorso in rete su Richard Feynman. Chissà se è ancora popolare, fuori dalla cerchia di chi fa computer quantistici, nanoscienze o va a caccia di particelle. E se lo è, da dove viene la sua eccezionalità? Che cosa crea il legame, l’identificazione, l’accettazione ecc.  davanti a una differenza palese?

Devo anche fare una cosa su Darwin e l’ultima domanda, mi si ribalta: che cosa crea la distanza, l’estraneità, il rifiuto? Non mi convincono le risposte che leggo qua e là, anche le più raffinate. Peggio ancora, non ho risposte mie, dopo vent’anni che ci penso visto che c’entra con il mio lavoro. Taglio qua o mi deprimo.