Lo sgravio


Su PLoS-One è uscita una ricerca ben fatta, ma valeva la pena? Jan Englemann e altri neurologi, psichiatri ed economisti hanno osservato come il cervello smetta di calcolare probabilità e “scarichi” il processo decisionale quando accettiamo il parere di un esperto su investire in situazione di incertezza o giocare alla lotteria. Sarebbe uno strano “processo decisionale” consultare un esperto – e fuori da un laboratorio pagarlo – e non accettare che il suo cervello allenato calcoli le probabilità meglio del nostro.

La coscienza nel suo “spazio di lavoro globale”
Trovo più interessante quella Raphaël Gaillard et al. del gruppo di Stanislas  Dehaene uscita su Plos-Biology, anche se pretende demolire una “visione” che non mi sembra molto diffusa tra i neuroscienziati.

Hanno misurato una serie di parametri durante l’elaborazione conscia e quella inconscia di un stimolo visivo – una parola – in alcuni pazienti curati per l’epilessia con elettrodi impiantati nel cervello. L’elaborazione conscia, scrivono, è contraddistinta da una rapida disseminazione di segnali in tutto il cervello e l’attività che ne consegue è sincronizzata. Lo dimostrano quattro “marcatori” neurofisiologici, ma gli autori stessi ne suggeriscono altri. Conclusione:

“Invece di sperare in un unico marcatore putativo – il correlato neurale della coscienza – una visione più matura dell’elaborazione conscia dovrebbe considerarla in relazione a un pattern distribuito di attivazione cerebrale, che avviene a un livello specifico all’interno di un’architettura anatomica e funzionale complessa, e che può quindi riflettersi in molte misure fisiologiche parzialmente sovrapposte.”

Sono pochi pazienti (dieci), pochi stimoli e unicamente visivi, ma è un tipico esperimento pilota dal quale dovrebbero derivarne altri, come scrive Richard Robinson.

Da far girare tra le Ong
A proposito di coscienza, in senso morale questa volta. Su PloS-Medicine, Paul Newton e una quindicina di ricercatori pubblicano una proposta di linee-guida su come controllare sul campo della qualità dei farmaci, ed evitare di somministrare quelli “contraffatti, sub-standard, degradati”.
Sarebbe ora di creare un sistema unico che non dipenda dalla buona volontà o dall’interesse di produttori e distributori (quasi tutti rifiutano di condividere i propri dati su casi di contraffazione, per esempio, con l’Organizzazione mondiale della sanità). O da analisi fatte dalla Food and Drug Administration nel caso un’azienda chieda l’autorizzazione di vendere negli Stati Uniti un farmaco destinato fino a quel momento ai paesi poveri e/o alle organizzazioni umanitarie.

Tanto più che…
Su PLoS-Pathogens esce un articolo di Jung Hun Lee et al. sui batteri gram-negativi che resistono agli antibiotici. Si parla molto dell’evoluzione di una resistenza ai farmaci nei vari microbi gram-positivi, come lo stafilococco aureo, ma anche gli altri sono in aumento e spesso non diagnosticati correttamente.
E ancora nessun nuovo antibiotico specifico in arrivo.