Gas esilarante

Nel 2007, Paul Crutzen et al. avevano pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics un paper che aveva scatenato una rissa sulla sostenibilità dei biocarburanti. Era il primo a cercare di quantificare le emissioni di protossido di azoto – N2O, il 5% dei gas serra (nonché esilarante) ma circa 300 volte più potente della CO2 – e il loro impatto sul clima.

Dette emissioni “negavano la riduzione del riscaldamento globale”, diceva già il titolo, che avrebbero dovuto conseguire dalla sostituzione dei combustibili fossili. I calcoli erano una prima approssimazione, andavano verificati con vari metodi, concludevano Crutzen et al., ma comunque tenendo conto dell’intero ciclo di produzione e di consumo dei biocarburanti.

E’ proprio quello che hanno fatto Emanuela Menichetti e Martina Otto, nel capitolo 5 dell’International Biofuels Project dello Scientific Committee on Problems of the Environment (Scope-Icsu).  Per chi ha fretta c’è un riassunto esecutivo della “valutazione veloce”, che ripete le solite due raccomandazioni di buon senso: il biocarburante non va derivato da piante usate per alimentazione animale, e le piante da cui viene estratto non devono essere coltivate su terreni usati per coltivare piante alimentari…

Ma la valutazione non è tutta negativa, come sembrava dall’articolo dell’Economist il quale però dice, giustamente, che sospetta i modelli di previsione di aver sottostimato di molto l’effetto serra del N2O.

Per critiche ecologiche, economiche, climatiche ai biofools, vedi anche David Pimentel di Cornell nel 1999, nel 2003, nel 2005 e da allora più o meno ogni anno.
.