La Camera britannica ha pubblicato il rapporto della commissione d’inchiesta sulle presunte malefatte di Phil Jones, direttore della Climate Research Unit, le cui mail sono state rubate e taglia-incollate per diffamare i ricercatori.
Conclusioni: le richieste di dati in nome della legge Freedom of Information l’hanno spazientito e ha mandato i richiedenti a ca…nicattì, ma s’è comportato secondo gli standard della comunità scientifica.
Certo, era meglio se, come la NASA, la CRU metteva tutti i dati sul sito così evitava ogni sospetto (anche quelli del Met Office, che lo vietava perché i dati li vende, presumo*). E se il milione circa di mail scambiati da Jones e altri ricercatori nel periodo di quelli rubati messi su internet fosse stato reso pubblico anch’esso (questa non l’ho capita). Via Desmogblog. Se ne discute anche da Realclimate, sempre tollerante con i deniosauri.
*Dal sito del Met:
In 1996 the Met Office became a Trading Fund within the Ministry of Defence. As a Trading Fund we are required to operate on a commercial basis and meet agreed performance targets as set by our Ministerial Owner.
Da Climalteranti pubblicano la mozione del 25 febbraio scorso, firmata da senatori italiani contro le misure 20-20-20 dell’Unione Europea. Invocano una “clausola Berlusconi” la cui esistenza viene smentita dal portavoce europeo in Italia, diffamano gli scienziati, chiedono le dimissioni del presidente dell’Ipcc – esonerato anche lui dalle accuse di conflitto d’interesse, rif Financial Times 28 marzo – e del presidente dell’Unfcc che s’era dimesso già da tempo.
In alcuni passi, i senatori si sono ispirati al rapporto di minoranza del senatore Inhofe di due giorni prima o è un caso di “Les grands esprits se rencontrent”?