Un Ogm diverso

Mi chiama Luca Gattuso, da radio pop, per chiedermi un commento sulla ricerca di Daniel Gibson et al. del guppo di Craig Venter, “Creazione di una cellula batterica controllata da un genoma chimicamente sintetizzato” pubblicata su Science. Prima mi legge i titoli del Corriere:

Così nasce la vita artificiale. Dalla scienza la prima cellula. La prima forma di vita creata in laboratorio…

della Stampa:

Ecco la cellula che si autoriproduce. “E’ un passo verso la vita artificiale”. L’annuncio dello scopritore del Dna: “E’ una nuova era.”

di Repubblica:

Creata cellula che si riproduce ecc.

Cado dalle nuvole. Io e i colleghi non abbiamo letto lo stesso paper, né lo stesso comunicato aziendale, né la stessa spiegazione di Elizabeth Pennisi, e nemmeno lo stesso titolo e sommario del suo pezzo:

Un genoma di sintesi dà nuova vita a un batterio.
Questa settimana, su Science-Express, dei ricercatori descrivono la creazione passo passo di un cromosoma batterico e il suo avvenuto trasferimento in un batterio di cui ha sostituito il Dna natìo. Alimentata dal genoma di sintesi, la cellula microbica ha cominciato a replicarsi e a produrre nuove proteine.

E’ difficile da capire? Artificiale è semmai il cromosoma, la cellula no e se non si (auto-)riproduceva, come tutte fin che vivono, non c’era niente da pubblicare, l’esperimento era solo fallito. E Craig V. avrebbe ha scoperto il Dna mentre andava a scuola? Accidenti!

Però è un bel colpo, una prima per un genoma sintetico anche se il trasferimento è avvenuto in una “specie” quasi identica. Craig V. ci pensa dal 1995, ha speso una fortuna, 30 milioni di dollari secondo la sua azienda, 40 secondo Elizabeth, e tenuto 20 persone a lavorarci dal 1999.

Come diceva lui tre anni fa, dopo aver assemblato i geni del Mycoplasma genitalium con del Dna comprato un tot all’etto dal produttore, e poi trasferito i geni di quel Mycoplasma in un altro, imparentato e privato dai suoi, provarci con i geni montati in casa era la tappa successiva.

Ma questa volta non ha usato come madre portatrice l‘M. genitalium, si riproduce troppo lentamente. Ha messo il cromosoma dell’M. mycoides nell’M. capricolum. “Specie” un po’ artificiale anch’essa, perché s’è dovuto privarlo degli enzimi di restrizione, che sforbiciano il Dna estraneo, prima di togliergli il suo e di sostituirlo. Almeno con i nutrienti giusti si divide a tutto spiano.

C’è voluto pazienza prima che il cromosoma attecchisse. Forse per via del Dna marcatore (quello definitivo rende il cromosoma capricolum bleu drapeau!).  O del marchio di fabbrica JCVI-syn1.0, le iniziali stanno per J.Craig Venter Institute.
A cosa serve? chiedeva Luca.

A creare un metodo standard per aggiungere al genoma copiato su quello in natura quei geni che servono a potenziare, in un procariota semplice e prolifico, una produzione utile per la ricerca e la società. Dei microbi, Craig V. vorrebbe raddoppiare il RuBisCo, o la rodopsina. Farne un biofilm-pannello solare. Far assorbire CO2, liberare ossigeno e secretare ottano direttamente in caldaia. O rendere capaci i batteri mangia-petrolio del golfo Persico di mangiarlo più avidamente nel golfo del Messico e magari in acque più fredde. O ricavarne farmaci, come l’Escherichia coli con il gene dell’insulina umana che la sforna purissima da 15 anni.

Per ora ha chiesto i brevetti a nome della Synthetic Genomics. Per la ricerca pubblica cede i brevetti a un dollaro simbolico e decine di firme su altrettanti contratti. Se poi salta fuori qualcosa di commerciabile, non se la lascia scappare.

Il suo Mycloplasma laboratorium – se mai gli viene – sarà una cassetta degli attrezzi perché qualunque genetista possa farsi Ogm batterici. Solo che all’assemblea dell’AAAS nel 1999 – con Claire Fraser che non l’aveva ancora piantato – prometteva di realizzare entro il 2010 un intero batterio di sintesi. Per ora non ci è riuscito.

Mi aveva detto che mettere insieme un genoma è un gioco da ragazzi, “what’s really hard is the membrane”. Ci credo, ancora non s’è capito com’è stata l’origine della vita sulla Terra proprio perché non si sa bene come una bolla, una vesicola, si sia trasformata in una membrana. Le altre componenti della cellula primigenia – si chiama Luca anch’essa, per continuare con i pettegolezzi – hanno assemblato elementi già in giro, Rna per cominciare.

Ma un involucro che determini il dentro e il fuori, il sé e gli altri e gli scambi tra l’uno e gli altri…