Su Science s’era letto l’anno scorso che tra ottobre e novembre 2006, dieci canadesi, danesi, norvegesi, britannici e americani, guidati da Kim Aarestrup, erano riusciti ad attaccare un mini-trasmettitore sulla schiena di 22 anguille (in inglese eel, tenere a mente) irlandesi, poi liberate nell’Atlantico. Dovevano inviare ai ricercatori i particolari del viaggio fino al mare dei Sargassi dove in aprile si riproducono e muoiono.
Sei hanno perso subito il trasmettitore, le altre hanno puntato dritto sulle Canarie, si sono immesse nella corrente diretta a ovest e a Natale, dopo 1.300 km appena su 5.000… silenzio radio. Avevano percorso dai 15 ai 25 km al giorno, a quel ritmo sarebbero arrivate con mesi di ritardo. Forse hanno solo seminato i ficcanaso che da cinque secoli cercano di sapere i fatti loro?
Sono rimaste in poche. Alcuni paesi europei hanno provato a rilasciarle da piccole nei fiumi, vietato o limitato la pesca o pagato il trasporto delle migranti oltre le dighe, non è servito. Sono un decimo rispetto a trent’anni fa e forse l’1% rispetto all’inizio del ‘900. In cattività e riempite di ormoni si sono riprodotte solo durante un esperimento giapponese, ma erano state alimentate con uova di pesce-cane, forse perché il caviale costava troppo.
Il crollo demografico è dovuto a fiumi sbarrati, inquinanti in aumento, nuovi parassiti, corrente del Golfo un po’ deviata, variazioni della temperatura dell’acqua, diminuzione del plancton di cui si nutrono le ceche (ital.? quelle piccole, trasparenti), rifiuti che convergono nella loro nursery?
Boh. Bref, Aarestrup e il suo gruppo hanno ricevuto 2 milioni da 7 paesi europei per il progetto di ricerca “Eeliad” (sic e sigh…).