Altri scenari

A fine luglio, Claudio Della Volpe segnalava un paper uscito sui PNAS e voleva sapere cosa ne pensavo. E’ di quelli che mi piacciono. Aggrega dati da molteplici fonti e in sostanza dice che investire in agricoltura fa bene al clima. Secondo me fa bene tout court, anzi ho qui progetti da finanziare d’urgenza ma non voglio digredire. Burney et al. hanno stimato

l’effetto netto sulle emissioni di gas serra dell’intensificazione agricola avvenuta tra il 1961 e il 2005. Mentre sono aumentate le emissioni dovute a fattori come la produzione e l’applicazione di fertilizzanti, l’effetto netto delle rese più alte è stato un risparmio di 161 gigatonnellate di carbonio (590 gigatonnellate di CO2 equivalente). Ogni dollari investito in rese agricole ha corrisposto a meno 68 kgC (249 kg CO2e)  di emissioni  rispetto alla tecnologia del 1961,  cioè 3,6 gigatonnellate di carbonio all’anno (13,1 Gt CO2e)

Da questi e molti altri dati e indici derivano tre scenari agro-geo-ecolo-economici – da “mondo reale”, a stime alte, a stime basse – dai quali risulta che investire 800 miliardi di dollari spalmati su 45 anni nell’agricoltura decarbonizzante abbassa più emissioni che investirli in edilizia, fornitura di energia, trasporti o industria.

Ho piccoli dubbi. Perché partire dal 1961, cioè da prima della rivoluzione verde? O proiettare il tasso di fertilità e mortalità di 50 anni fa? Sono dettagli, forse. Fatto sta che nel mio modello di mondo reale, dagli anni ’90 diminuiscono gli investimenti pubblici nella ricerca per l’agricoltura non industriale, quella dei poveri, e aumentano i sussidi a quella industriale, anche in Brasile, India e Cina.

Agli agricoltori industriali  le tecniche di mitigazione non piacciono, prevedono troppa mano d’opera, mentre le ho viste in parecchi paesi poveri e aridi perché convengono tout court. Meno la micro-irrigazione che ha problemi a parte: spesso non ci sono i soldi per i tubi o in famiglia non ci sono uomini per fare i turni di notte e vengono rubati. Meglio i qanat.
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Nei prossimi scenari, vorrei che Burney et al. tenessero conto dell’inquinamento di acque e suoli che ha già reso le terre libere inadatte come carbon sink. Per dirla con Pedro Sanchez, le piante nascono e crescono dal basso verso l’alto, mica il contrario. E’ vero, la rivoluzione verde partiva dall’idea opposta, da semi e fertilizzanti migliori gettati dall’alto e ha tenuto il passo con la demografia mondiale.

Non più. Da un decennio l’aumento delle rese è fermo sul 2% all’anno, sull’1,2% per gli Ogm, e la distribuzione delle risorse alimentari è ancora più iniqua. E poi c’è l’assenza di rule of law, l’onnipresenza di tangentopoli ecc. e  il clima stesso, a rendere un po’ ottimista persino uno scenario a stime basse.

Gurdev Khush
Sui PNAS di ieri è uscita una ricerca su clima e riso, il cibo quotidiano di 3 miliardi di persone e l’unico per 600 milioni di denutriti e affamati. Anche questa è la prima del suo genere. Non ancora in open access, ma l’editing è di Gurdev Khush e conoscendolo, so che ha pesato ogni parola del riassunto:

Abbiamo utilizzato un modello a regressione multipla per analizzare dati da 227 risaie intensivamente gestite ed irrigate in sei importanti paesi produttori.  I particolari a livello di risaia, osservati una stagione dopo l’altra, ci hanno consentito di costruire variabili meteo specifiche per ogni risaia, di controllare fattori non osservati che erano unici per ogni risaia ma non variavano nel tempo, oppure erano comuni a tutte in un determinato sito e variavano con la stagione o con l’anno, e di ottenere stime più precise con l’inclusione di variabili economiche specifiche del sito e della risaia.

Prosa non elegante, ma onesta. Risultato:

Temperatura e radiazione avevano impatti statisticamente significativi durante la fase sia vegetativa che di maturazione della pianta. Una temperatura minima più alta riduceva la resa mentre una massima più alta la aumentava; l’impatto della radiazione variava a seconda del periodo di crescita. Combinati, questi effetti implicano che nella maggior parte dei siti la resa sarebbe aumentata di più nella stagione della resa elevata, e di meno durante quella della resa bassa, se non si fossero verificate le tendenze delle temperature e della radiazione osservate a fine ‘900, tenuto presente che quella delle temperature incide di più. Per i prossimi decenni, implicano un impatto negativo netto nel caso di riscaldamento moderato. E se fosse meno moderato, probabilmente ancora più negativo perché ricerche precedenti indicano che oltre un certo livello, l’impatto delle temperature massime diventa anch’esso negativo.

Il guaio è che per via dei gas serra crescenti, la temperatura cala sempre meno durante la notte.  Fine delle mie pensate, non granché dirà Claudio, ma forse i link serviranno ad altri volontari di altre Ong.
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O.T.
Dovrei un post sull’esperimento CLOUD ad agrimensore g e a NoWayOut, ma ho l’impressione che siano in vacanza.