Sull’International Journal of Social Robotics, Alan Wagner e Ronald Arkin del politecnico della Georgia pubblicano “Acting Deceptively: Providing Robots with the Capacity of Deception”. Sic.
Hanno dotato un robot autonomo di algoritmi per decidere se ingannare con il proprio comportamento un’altra “macchina intelligente” con la quale “gioca a nascondino”, come preludio all’inganno di esseri umani. Può farlo a due condizioni: deve essere in conflitto con chi lo sta cercando e deve trarre un vantaggio dalla propria decisione. Il software va ancora perfezionato, dice Wagner tutto fiero, ma ci vorrà poco e sarà utilissimo
nelle operazioni militari di ricerca e soccorso quando un robot ha bisogno di mentire per calmare una vittima presa dal panico o per farla cooperare.
Dotarlo di un cell perché la vittima possa parlare con una persona mai, le menzogne di un robot sono più convincenti. Non ne è convinto neppure Wagner, infatti lo scopo è un altro:
Sul campo di battaglia, robot con il potere di ingannare riusciranno a nascondersi e a depistare il nemico, per salvare se stessi e informazioni preziose.
Per completare il quadro, sulla stessa rivista esce Would Children Help a Robot in Need? con i risultati di una serie di esperimenti condotti da Tanya Beran et al. Il 70% dei piccoli volontari volevano tirar fuori i robot dai guai. Bambini, non fatelo, potrebbero essere i nuovi pappagalli verdi.
Dedicato a Fiorella Operto che a Sanremo nel 2004 aveva organizzato la prima conferenza mondiale di roboetica.