Competizione


Gara per finire sulla graticola insieme a Phil Jones, Michael Mann, James Hansen, Ben Santer ecc…

Guardo cosa legge La teiera e trovo queste riflessioni dell’economista Richard Tol:

I monopoli naturali vanno regolamentati, in particolare se abusano della propria posizione. Come ne ha abusato l’IPCC. Gli standard di qualità sono calati. Errori nel IV rapporto hanno fatto notizia in tutto il mondo, a testimoniare della posizione straordinaria dell’IPCC (Economist, 2010, “Science behind Closed Doors”, 8 July, Nature 2010, “IPCC: Cherish it, tweak it or scrap it?”, 463, (7282):730-732).  L’IPCC ha ignorato le proprie regole (Shapiro et al.  2010 Assessments – Review of the Processes and Procedures of the IPCC, InterAcademy Council). L’IPCC non ha innovato granché negli ultimi 20 anni. L’IPCC s’è messo a stabilire standard, a finanziare ricerche, a fare ricerca in proprio. Nei  suoi rapporti, l’IPCC ha sorvolato sui propri errori quanto all’importanza rispettiva dei gas da effetto-serra (O’Neill, BC 2000, “The jury is still out on global warming potentials“, Climatic Change, 44:427-443) e nello sviluppo di scenari (Castles and Henderson 2003, The IPCC Emission Scenarios: An Economic-Statistical Critique“, Energy & Environment, 14 (2-3):159-185). E’ il comportamento tipico del monopolista che non deve curarsi del cliente. Un tale comportamento richiede una regolamentazione (Tol, R.S.J. 2010, “Regulation Knowledge Monopolies: The Case of the IPCC”).

Il trattato del professor Tol, 360 pagine, parrebbe  interessante, ma

– l’IPCC non ha un monopolio sulla conoscenza del clima perché questa continua a cambiare, come si vede dall’editoriale di Climatic Change e dal paper uscito su Energy & Environment citati dal professore medesimo o dalla più recente Copenhagen Diagnosis;
– l’IPCC non fa ricerca in proprio né finanzia quelle altrui né stabilisce standard;
– l’IPCC non è libero di scegliere le conoscenze che preferisce ma deve eseguire i compiti che i governi clienti gli impartiscono così oltre ai rapporti ha pubblicato decine di rassegne.

Non sembra che Tol abbia letto Shapiro et al. per i quali un carico di lavoro così era eccessivo e un micro-segretariato in condivisione con l’Organizzazione mondiale della meteorologia non poteva gestire da 600 a 800 volontari selezionati per i vari volumi e capitoli, più quelli che davano una mano spontaneamente. Per cui Shapiro et al. hanno accolte le richieste degli scienziati, molte delle quali già avanzate su Nature all’inizio dell’anno. Il prof. Tol non ci fa caso e suggerisce queste riforme:

– “Dov’è possibile l’IPCC dovrebbe essere aperto alla competizione.” Finora i suoi rapporti sono stati curati dai ricercatori più competenti, stando agli standard di valutazione in uso, adesso vanno affidati ai meno competenti?

– “Le importantissime posizioni di presidente dei Gruppi di lavoro dovrebbero essere occupate attraverso una competizione aperta, invece che con accordi da retrobottega come ora. “Accordi da retrobottega fra i 193 paesi “committenti” su quanti dei propri scienziati vanno inclusi tra i redattori o piantano una grana? O fra gli scienziati candidati e i colleghi che per due o tre anni dovranno sbrigarne parte del lavoro?

– “A gruppi esterni andrebbe concesso il diritto di pubblicare sotto il marchio IPCC purché seguano le procedure IPCC.” Il prof. Tol crede che le pubblicazioni dell’IPCC siano scritte da gruppi interni?

– La pressione competitiva esterna andrebbe anch’essa accresciuta. Altre agenzie dovrebbero offrire valutazioni indipendenti nelle proprie aree di competenza (per es. l’OCSE sugli impatti della riduzione delle emissioni).  Il prof. Tol crede che altre agenzie, per es. l’UNDP e l’OCSE – che non è un’agenzia – non lo facciano?

– “Le accademie nazionali dovrebbero valutare la letteratura relativa al proprio paese.” Idem, e dal 1965?

– “I rapporti IPCC dovrebbero essere in wiki, forse in due versioni, una che ha passato il controllo di qualità e l’altra aperta a tutti.” Il prof. Tol crede che non sia già così, e i clienti non chiedano un testo definitivo invece di uno in progress, e anche su carta perché in molti posti manca la corrente?

– “Cosa della massima importanza, i clienti – policymakers – dovrebbero rendersi conto che si procurano la consulenza di un monopolista e che sarebbe utile una seconda opinione.” E da quando, ai clienti che se lo possono permettere, il prof. Tol crede che manchi una seconda e terza e quarta e quinta e… opinione?

Troppo tardi per questa volta. I clienti si ritrovano a Busan, Corea del Sud, dall’11 al 14 ottobre per discutere del contenuto del quinto rapporto e se confermare Rajendra Pachauri come presidente dell’IPCC.