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Su PLoS One una lettura superflua, non tutto che viene da Stanford è oro, però sono divertenti le procedure sperimentali per misurare l’eventuale effetto analgesico dell’amor.

Sul campus, il gruppo di Sean Mackey ha arruolato 15 volontari, 8 maschi e 7 femmine. Forse una studentessa ci ha ripensato, perché dovevano essere coppie nei primi nove mesi di una relazione, e molto innamorati in base alla Passionate Love Scale, sic.  Sono stati seviziati con calore più o meno forte mentre guardavano foto di possibili partner attraenti o quella del proprio e come controllo, li hanno fatto associare parole (compito di distrazione), tipo “pensate a uno sport che si gioca senza una palla.

Sia il volto amato che l’associazione verbale facevano da analgesico. E con l’imaging per risonanza magnetica i ricercatori hanno visto che il primo attivava le aree cerebrali del “circuito della ricompensa” e la seconda quelle cognitive. In entrambi i casi c’entra la dopamina, no surprise.

Così la prossima volta che vi scottate un dito, provate a fare le parole incrociate.

Altra No surprise
Su PLoS Medicine, in una meta analisi Geoffrey Spurling et al. cercano prove che la promozione dei farmaci – in USA nel 2004 rappresentava 57 miliardi di dollari – migliori la qualità delle prescrizioni.

Con rare eccezioni, gli studi sull’esposizione all’informazione fornita direttamente dalle case farmaceutiche hanno trovato associazioni con una maggior frequenza delle prescrizioni e costi più elevati; oppure con una minor qualità della prescrizione, oppure non hanno trovato associazioni significative. Non abbiamo trovato prove di un miglioramento netto, ma la letterature non esclude che a volte esso sia possibile. Raccomandiamo quindi che i medici adottino il principio di precauzione ed evitino di esporsi all’informazione delle case farmaceutiche.