Après nous, le déluge


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La settimana prossima a Parigi si riunisce la Commissione internazionale per la protezione del tonno atlantico (ICCAT), un nome ingannevole. Fingerà ancora una volta di credere alle dichiarazioni dei vari paesi membri? O terrà conto del rapporto Looting the Seas, il catalogo di frodi, abusi, dati ministeriali truccati – “tanto, lo fanno tutti”  e il mercato nero rende 4 miliardi di dollari all’anno, buttalo via – compilato da 50 giornalisti per il Center for Public Integrity? Riguarda una specie, ma il capitolo sul Mediterraneo illustra bene la gara a chi distrugge per primo un bene comune.

Jean-Marc Fromentin, del comitato scientifico dell’ICCAT, dice a Nature che  il catalogo riguarda il passato e da tre anni i controlli ci sono. Forse, ma i rappresentanti dei ministeri ne ignorano i risultati insieme alle linee guida preparate dal comitato scientifico.

Gattopardo
In un commento al post “Ghe pensi mi”, Paolo C. segnalava il numero speciale delle Philosophical Transactions of the Royal Society B sulla biodiversità. Soltanto due articoli sono open access, e l’introduzione con i link agli abstract che è un modello di chiarezza, noblesse oblige. Il tasso di estinzione accelera come previsto, anche se Jeremy Jackson dello Scripps (video) è stupito dalla velocità alla quale gli oceani sono stati devastati (la fine del suo paper è  citata da Joe Romm).  Conclusione della Royal Society:

L’estinzione di per sé è un processo inevitabile (e forse necessario) per l’equilibrio della diversità biologica contenuta nel mondo. E’ l’estinzione di massa in corso, causata dal sovrasfruttamento delle risorse naturali che deve preoccuparci. Allo stesso modo, il cambiamento ambientale che prevale da sempre ha contribuito a plasmare le configurazioni di biodiversità attuali. Tuttavia, mai prima di ora una singola specie ha portato a cambiamenti così profondi di habitat, composizione e clima del pianeta. (Stringo: servono più ricerche, dati, modelli), ma Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!

Locuste
Per Big Business più inquinamento = più profitti finché non rimane più  niente, tanto i CEO e i loro congressisti quel giorno saranno in pensione, se la vedranno gli altri.  Dei futuri presidenti dei comitati del Congress che distribuiranno i soldi dei contribuenti, la maggioranza ha lavorato per il business che dovrebbe controllare e che ne ha finanziato l’elezione. E’ stato un buon investimento.

Modello orso polare
56 milioni di anni fa, nel giro di 10-20 mila anni la temperatura è aumentata di 3-5° C  e la concentrazione di CO2 in atmosfera è arrivata attorno alle 1000 ppm (oggi 390). Entrambe sono rimaste più o meno stabili per 200 mila anni durante i quali nelle foreste pluviali dei Tropici c’è stato un boom di biodiversità vegetale, scrivono Carlos Jaramillo et al. su Science.

Ne deducono che le foreste pluviali, in generale, potrebbero disporre di abbastanza varietà genetica per adattarsi all’aumento di temperature, CO2 e piogge. Sarebbe una buona notizia per alcuni paesi poveri se i cambiamenti climatici attuali fossero altrettanto graduali e se nello stesso periodo non si fossero estinte un sacco di piante delle zone temperate.

Indovinello: chi sarà il primo italiano a citare questa ricerca per dire che più CO2 giova all’agricoltura?

Per Ong
Su Science e su Nature, ci sono un sacco di articoli in tema “scienza, ambiente e politica”. Da non perdere: di Elinor Orstrom et al. la panoramica Earth System Science for Global Sustainability e l’interpretazione della ricerca di Devesh Rustagi et al. sulla gestione di beni collettivi in Etiopia.
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Retraction Watch
La settimana scorsa il direttore di Nature rimuginava sull’aumento degli articoli ritrattati, oggi è il direttore di Science a pubblicare una “expression of concern” a proposito della ricerca di Paola Sebastiani et al. sui genotipi longevi, mentre Ana Beloqui et al. ritrattano le virtù del loro reactome array, una tecnica di analisi. La quantità degli autori non garantisce proprio la qualità del prodotto.