Lomborg si tinge

Il titolo fa da pendant al bigoilista “Al Gore è grasso“.

Se qualcuno ha scordato gli strafalcioni di Bjørn Lomborg, ex docente di scienze politiche e ora di business, gli rinfrescherà la memoria Cool it!, una docu-fiction di cui è il protagonista, tratta dal suo libro Stiamo freschi.

Arriva giusto in tempo per rovinargli la facciata rifatta due mesi fa con la pubblicazione di Soluzioni intelligenti al cambiamento climatico.

Le tesi di Stiamo freschi sono basate su solide falsità, ma almeno sono ottimiste: il riscaldamento globale è finito dal 1998, non è la fine del mondo che alcuni dicono e, non sequitur, costa meno contrastarne gli effetti che limitarlo. Basta che i paesi poveri difendano le proprie coste al pari dell’Olanda e quelli nordici accolgano a braccia aperte gli emigrati del sud. E basta pure col mito degli orsi polari a rischio, dagli anni ’60 al 2005, gli orsi polari sono passati da 5.000 a 25.000. Le cifre son inventate, ma il trend no: i limiti alla caccia, ottenuti da ambientalisti non scettici, hanno consentito alle popolazioni di rimbalzare attorno a 18-20 mila. In tutto sono 19 sotto-popolazioni, su 7 non esistono dati, le altre declinano meno una.*

Le Soluzioni intelligenti non sono di Lomborg, ne è solo il curatore e prefattore, ma di alcuni economisti e sociologi:  il clima sta cambiando per via delle accresciute emissioni di CO2 ed equivalenti, dicono,  occorre intervenire subito altrimenti a moltiplicarsi saranno i disastri. C’è una tesi per capitolo, dibattuta da contrari,  e classificata alla fine in ordine di rapporto costi/benefici sul modello inventato dall’Economist per il Consenso di Copenaghen nel 2004.

Le soluzioni intelligenti sono la carbon tax e le future tecnologie. Quindi ci vogliono circa 100 miliardi di dollari all’anno in fondi pubblici per la ricerca e lo sviluppo di energie alternative, il trasferimento di tecnologie verdi nei paesi poveri, e i progetti di geoingegneria perché i danni potrebbero essere peggiori e più precoci del previsto. Le solite banalità degli allarmisti che in questo caso sono fautori del libero mercato e quindi  chiedono più interventi statali.

*Quella scelta da Claudio Costa per negare gli effetti del riscaldamento globale: piagnucolare da climate monitor perché gli tolgo i link e farsi consolare dal titolare del blog Il tafano climatico.