Come Damian Carrington e altri al Guardian, Stéphane Foucart di Le Monde sta spulciando i documenti di WikiLeaks sul clima. Ne cita uno che racconta un tentato hacking ai danni dell’Ufficio per gli oceani e gli affari internazionali scientifici e ambientali del Dipartimento di Stato diretto da Hillary Clinton.
Nell’estate 2009, un mail intitolato “China and Climate Change” e inviato dall’indirizzo di un giornalista del National Journal è arrivato a cinque persone, con allegato un pdf che una volta aperto doveva consentire l’accesso al loro computer. I programmi anti-spyware, regolarmente aggiornati, hanno funzionato, ma il dispaccio avverte che
siccome i negoziati sui cambiamenti climatici proseguono, sono probabili altri tentativi di intrusioni simili … il personale che si occupa di questioni collegate deve restare consapevole dell’alto rischio.
Non sembra che la signora Clinton abbia tenuto conto dell’avvertimento. Eppure da quanto scrive il New York Times:
Le operazioni iniziarono prima e miravano a un più ampio spettro del governo americano di quanto si sapesse in generale, compresi i computer di diplomatici degli Stati Uniti che partecipavano alle discussioni sul clima con la Cina.
iniziarono prima di quelli copiati per WikiLeaks.
Il diritto al ritorno
Mazzetta per primo aveva parlato dell’arcipelago delle Chagos, del governo britannico che se l’era annesso illegalmente – l’ha rubato alle Mauritius – e aveva deportato gli abitanti per costruire la base militare di Diego Garcia, poi noleggiata dagli Stati Uniti. E io in marzo per dire che non firmavo gli appelli per trasformare l’arcipelago in una riserva marina. Ong ambientaliste e umanitarie si sono opposte e per ora abbiamo perso, ma le accuse erano giuste: il governo voleva la riserva per non dover rispettare i diritti umani di 4.000 persone. Non è finita. I conservatori e i lib-dem avevano dubbi sulla riserva, dice un dispaccio, ora che sono al governo forse li hanno ancora. E la Corte europea deve ancora pronunciarsi.
Avviso ai creduloni
Koch Industries ha confermato che il com. stampa di venerdì in cui annunciava una ristrutturazione dal gennaio 2011, prometteva di impegnarsi a tutelare l’ambiente, sostenere la ricerca sui cambiamenti climatici e smettere di finanziare i centri di propaganda bigoilista
Americans for Prosperity, Fraser Institute, Foundation for Research on Economics and the Environment, Manhattan Institute for Policy Research e George C. Marshall Institute,
era un falso.