Bilanci di stagione


Science ha scelto i dieci progressi dell’anno, commentati qui dai lettori, e le dieci svolte del decennio, un po’ trendy secondo me, comunque le ho messe su Oggi Scienza con altri post per tappare qualche buco mentre altre vice-direttrici insegnano al master.

The Scientist ha scelto i cinque articoli ritrattati più clamorosi e i cinque ritrattatori più celebri del 2010. Trend positivo, c’è un maggior controllo? Negativo, ci sono più falsificazioni? Stabile, la produzione aumenta insieme ai pezzi difettosi?

Culturomica (ouais, ma dopo un po’ ci si abitua…)
Science ha anticipato ieri on-line la ricerca di Jean-Baptiste Michel, Martin Nowak, Steve Pinker, The Google Books Group e altra bella gente, “Analisi quantitativa della cultura usando milioni di libri digitalizzati” e già se ne discute parecchio: miniera d’oro culturale, rivelazioni inedite, valanghe di considerazioni. L’analisi in questione, una forma di data-mining, riguarda 5,2 milioni di libri – il 4% di quelli usciti dall’invenzione della stampa – soprattutto in inglese, e la frequenza annua di determinate parole tra il 1800 e il 2000. E’ un primo saggio della “culturomica” dalla quale emergeranno, scrivono, “conoscenze in lessicografia, evoluzione della grammatica, memoria collettiva, adozione delle tecnologie, ricerca della fama ed epidemiologia storica”.  Ecco il finale sulle ambizioni della nuova disciplina:

La culturomica è l’applicazione della raccolta e dell’analisi high-throughput di dati allo studio della cultura umana. I libri sono l’inizio, ma dobbiamo incorporare anche giornali, manoscritti, mappe, opere d’arte e miriadi di creazioni umane. Ovviamente molte voci si sono perse nel tempo e sono per sempre fuori dalla nostra portata. Per le scienze umane, i risultati della culturomica sono un nuovo tipo di prove e come per i fossili di antiche creature, la sfida sta nella loro interpretazione. Per motivi di spazio ci limitiamo a una brevissima rassegna, a una manciata di traiettorie e alle nostre interpretazioni preliminari. Numerosi altri fossili, dalle forme non meno intriganti, ci aspettano:
(i) Picchi di “influenza” coincidono con le date di pandemie note, a suggerire che i metodi culturomici hanno un valore per l’epidemiologia storica;
(ii) Traiettorie per “il Nord”, “il Sud” e infine “il nemico” mostrano come la polarizzazione degli stati abbia preceduto la guerra;
(iii) Nella battaglia dei sessi le “donne” stanno conquistando terreno rispetto agli “uomini”;
(iv) “féminisme” si è fatto strada inizialmente in Francia, ma a lungo termine gli Stati Uniti si sono dimostrati un ambiente più fecondo;
(v) “Galileo”, “Darwin” e  “Einstein” saranno scienziati ben noti, ma “Freud” è più profondamente radicato nel nostro inconscio collettivo:
(vi) Quando arrivò “DNA” stava scemando l’interesse per “evoluzione”;
(vii) La storia della dieta americana offre molte e appetibili opportunità per future ricerche, il menu comprende “steak”, “sausage”, “ice cream”, “hamburger”, “pizza”, “pasta”e “sushi”;
(viii) “God” non è morto, ma ha bisogno di un nuovo pubblicitario;
Queste, insieme ai miliardi di altre traiettorie che le accompagnano, forniranno ricche scorte di ossa con le quali ricostruire lo scheletro di una nuova scienza.

Quelle traiettorie non erano già note? l’ultima frase sarebbe degna di Pinker? Persino di un pubblicitario di Go… ogle? tanto rumore per nulla? svolta dell’anno prossimo? Avrei altre domande, nel frattempo tutto il materiale è pubblico e gli aspiranti culturomisti possono esercitarsi qui.

Bilancio laziale
Ho scritto alla presidente del Lazio per sapere come mai ha abrogato la Legge regionale n. 22 del 18 aprile 1988 che sovvenziona l’Osservatorio astronomico regionale di Campo Catino con 40-50 mila euro all’anno. Un taglio in tempo di deficit, ok, ma un azzeramento?

E’ l’unica struttura scientifica della provincia di Frosinone, collabora con le università romane, la NASA e altri centri internazionali, i suoi volontari hanno pubblicato su Science, Nature, Astrophysical Journal ecc., dalle ricerche che hanno condotto sull’inquinamento luminoso, è nata una legge regionale adottata in altre parti d’Italia e del mondo.

Per l’illuminazione stradale la sola città di Frosinone paga 230 mila euro in meno di Biella che ha un 40% di lampioni in meno, chissà l’intera Regione Lazio quanti milioni ha risparmiato. Non dico di stornare l’1% all’osservatorio, ma il 5 per mille magari a rate…

Non mi faccio illusioni, ma se qualcuno altro vuol provarci: presidente@regione.lazio.it