Nina in Vaticano

Nei dispacci delle ambasciate statunitensi via WikiLeaks, il Guardian ha trovato che vendere semi transgenici della Monsanto all’estero è un “imperativo strategico commerciale e del governo”. Così nel 2007 un ambasciatore a Parigi invoca una “guerra commerciale contro l’Unione Europea”, in particolare i suoi membri ostili al mais transgenico Monsanto, ma l’ambasciata in Vaticano spera ancora in un intervento del Papa.

In Spagna, alcuni diplomatici americani lavorano per la Monsanto, fila tutto liscio: è il paese  con la maggior superficie coltivata a Ogm e si oppone alle moratorie dell’Unione Europea, come sanno a Washington prima ancora che a Bruxelles. Però nei paesi in via di sviluppo, alcuni vescovi cattolici sono contrari. I dispacci che partono dal Vaticano ritengono il Papa favorevole “dopo un’intensa attività di lobbying presso i consiglieri della Santa Sede, anche se ci si rammarica che non abbia ancora espresso il suo sostegno”.  Secondo un dispaccio del 2008 “un incontro tra la consulente speciale del dipartimento di Stato per le biotecnologie e Fr. Michael Osborn del Pontificio Consiglio Cor Unum ha offerto l’occasione di spingere il Vaticano sulle questioni biotech”.

Purtroppo il cardinale Renato Martino, a capo del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ritira il proprio appoggio:

Un assistente di  Martino ci ha detto di recente che il cardinale aveva collaborato con la nostra ambasciata in Vaticano nei due anni precedenti in parte per compensare il vivo dissenso espresso sulla guerra in Iraq e le sue conseguenze, e per mantenere buoni rapporti con il governo statunitense… Ma secondo la nostra fonte, Martino non prova più il bisogno di usare questo approccio.

La consulente speciale del Dip. di Stato, da un atomo di D nel dicembre 2007:

A novembre, Nina Fedoroff diventa consulente scientifica del Dipartimento di stato più supino della storia. Genetista delle piante, autrice di Mendel in cucina: il punto di vista di una scienziata sugli alimenti geneticamente modificati (National Academy Press, 2004), è pro-ogm, pro-business, pro-biotech. Ma pro-Bush? E se no, perché ha accettato l’incarico? Al vertice di Kyoto, pesto un piede alla signora dietro, colpa di un gigante che, nella coda del buffet fa retromarcia senza avvisare. Mi scuso, mi presento, è lei. Combinazione, voleva sapere dove ho comprato la giacca. Avrei un paio di domande anch’io. “Chiamami Nina, ci sediamo vicine?”. A carriera compiuta, spiega, la scelta era fra il giardinaggio o “qualcosa di più importante”. Ma dirigeva la ricerca di un’azienda biotech e ha detto che avrebbe rimpianto lo stipendio di prima. “Una giacca così me la potrò ancora permettere”. E cosa dovrà fare? “Insegnare ai funzionari come procurarsi pareri scientifici indipendenti…” Be’, Condoleeza Rice li aveva ricevuti e ignorati. “S’è ricreduta, vuole lasciare un Dipartimento con una cultura diversa”. Mmm, meta irraggiungibile. “Sì, e l’ultima che tenterò, ho sessantacinque anni”. Nooo! Metto gli occhiali per guardarla meglio. “Niente lifting e credo che voterò Hillary. Mi fai provare la tua giacca?”

Gliel’ho fatta provare e non so se ha votato Hillary che comunque se l’è tenuta come consulente.