Bolliti


E’ un Oca’s digest tardivo, dovevo fare un po’ di giardinaggio.
Sull’Economist, serena valutazione dell’udienza su come limitare i poteri dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e non i gas serra, convocata ieri al Congresso dai repubblicani, al controllo del comitato per l’energia e il commercio. Dalla “verifica” delle temperature globali negli ultimi cento anni condotta dal gruppo di Berkeley, il bigoilismo s’aspettava che i termometri si rivelassero menzogneri, come sostiene da tempo Anthony Watts con al seguito il ten. col. Guidi e truppe.

Il mutismo dei bigoilisti sul blog di “Babbage” e simili, è dovuto ai risultati preliminari riportati nella tabella sopra. Il 6 marzo Watts scriveva

Sono pronto ad accettare qualunque risultato il gruppo produca, anche se dimostra che le mie premesse sono sbagliate.

Ora che lo ha dimostrato, piagnucola che è un lavoro raffazzonato per il teatro politico, senti chi parla, e si fa dileggiare persino dal paludato Babbage.

Nel live blog di Eli Kintisch e ospiti, su Science, Gavin Schmidt accenna alla domanda di un repubblicano su “reintrodurre o meno il DDT” che non è un gas serra e non è mai stato disintrodotto “contro la malaria” che non è il clima. Kerry Emanuel dice di non essere competente, da conservatore onesto. Lo sono molto meno Richard Muller e John Christy – altro idolo di Climator Monitor – per cui si dichiarano per la “reintroduzione”.  I repubblicani fanno propalare la bufala a qualunque loro simpatizzante, per es. Donald Roberts, funzionario della Difesa in pensione, convocato l’8 marzo dallo stesso comitato sempre in tema di regolamentazione dei gas serra.

Quanto a Roger Pielke Sr. piagnucola come Watts sull’udienza di ieri con un post che inizia così:

L’anomalia della temperatura globale è sostanzialmente irrilevante in termini di questioni relative al cambiamento climatico che importano per la società e per l’ambiente.

e a dimostrarlo cita articoli suoi notoriamente sbagliati, anche se decorati con margini d’incertezza sufficienti a risparmiargli un’altra ritrattazione umiliante.

Scie
Ripreso ossequiosamente da Watts, il prof. Pielke Sr. opina su una ricerca dopo aver letto soltanto una notizia d’agenzia intitolata:

In un giorno qualsiasi, le scie di condensazione degli aerei che s’incrociano nei cieli potrebbero scaldare il pianeta più di tutta l’anidride carbonica emessa da tutti gli aerei da quando i fratelli Wright compirono il primo volo nel 1903.

Nessun catastrofismo in realtà, i trasporti aerei producono il 3% delle emissioni annuali di CO2.

Il paper su Nature Climate Change è un modello aggiungere agli altri sul doppio effetto delle nuvole e sgretola ulteriormente la tesi di Svensmark cara agli “scettici”, sul riscaldamento – o raffreddamento dipende dalla data della tesi – dovuto ai raggi cosmici. Ulrike Burkhardt e Bernd Kärcher del Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt stimano la forzante radiativa delle scie e dei cirri conseguenti, cioè l’energia aggiunta, meno il loro feedback in 31 milliwatt per metro quadrato. Invece la CO2 emessa dagli aerei dal 1903 in poi genera 28 milliwatt e continuerà a farlo finché resterà in atmosfera:

la forzante radiativa associata ai cirri da scie è circa nove volte superiore a quella delle scie lineari. Questi cirri causano anche una diminuzione significativa della nuvolosità naturale, il che ne compensa in parte l’effetto riscaldante. Tuttavia la forzante netta resta la principale tra quelle associate all’aviazione. Converrà tenerne conto negli studi che riguardano il suo impatto e le scelte appropriate per mitigarlo.

So don’t panic.

Naso bianco
Su Science, Justin Boyles e altri tre zoologi stimano l’impatto delle pale eoliche e soprattutto della sindrome del naso bianco, un’infezione letale, sui pipistrelli insettivori che negli USA stanno declinando velocemente. Se si estinguono, le perdite per il solo settore agricolo potrebbero aggirarsi attorno ai 3,7 miliardi all’anno.

A proposito di conservazione, Georgina Mace dell’Imperial College di Londra e altri passano in rassegna le previsioni degli impatti del cambiamento climatico sulla biodiversità e propongono un “inquadramento” per aggregare i dati provenienti da

osservazioni paleoclimatologiche, risposte fenotipiche e micro-evoluzionistiche, esperimenti e modelli, per anticipare e gestire le conseguenze, tenuto conto anche della naturale resilienza di una specie.

Lettura raccomandata agli ambientalisti ma, come dicono gli autori, finora le ricerche si concentrano su singole specie, mentre il loro inquadramento si applica anche a “ecosistemi, habitat, comunità ecologiche e diversità genetica, sia terrestri e marini che d’acqua dolce”.  Senza buone previsioni per sviluppo economico, legale e sociale, non vedo come quelle per la biodiversità possano migliorare più di tanto.

Offerta speciale
A naso direi che con le previsioni per lo scorso inverno, il tasso di successo di Piers Corbyn è calato dal 40% al 20%. Ai lettori della Stampa vendo il lancio di una monetina a metà del prezzo praticato dalla Corbyn Co.