Non chiamatela "clonazione"


Molta roba interessante su Nature, O’s digest.

La clonazione “terapeutica” dovrebbe fornire cellule uguali a quelle adulte, ma sane, di un paziente malato. Si faceva così: in un ovulo si toglieva il nucleo con i suoi geni e si sostituiva con quello dai geni eventualmente “corretti” di una cellula adulta e si aspettava che l’ovulo così fecondato producesse staminali capaci di produrre quelle del tessuto da cui proveniva l’adulta. Staminali da trapiantare dove servivano o dalle quali far crescere un tessuto e magari un organo intero. Il tutto identico a quello originale (ma sano) e senza problemi di rigetto.

Si tentava dal 2001, ma l’ovulo non voleva saperne; arrivato a 6-12 cellule smetteva di farne altre. Scott Noggle, Dieter Egli e altri 14 ricercatori dello Stem Cell Foundation Laboratory, New York, ci hanno provato lo stesso, sostituendo il nucleo di 200 oociti con quello preso dalle cellule epiteliali di un uomo diabetico e di uno sano. Niente da fare. Con altri 63 hanno cambiato metodo.

Hanno aggiunto il nucleo “donato” senza togliere l’altro, e l’ovulo così “fecondato” si è sviluppato fino allo stadio di blastocisti con un centinaio di cellule staminali embrionali. Si è comportato come un embrione, insomma, ma da triploide (con 23 cromosomi suoi più i 46 trasferiti), era difficile che andasse oltre. Dalle staminali “embrionali”, Noggle et al. hanno poi derivato delle staminali pluripotenti, tutte triploidi (89 cromosomi) e quindi inutilizzabili a scopo terapeutico.

Detto così, sembra un altro fallimento. Invece gli esperimenti suscitano domande nuove, e gli autori ne stanno già facendo altri per risponderci. Pensano che nel nucleo dell’oocita ci sia qualcosa di necessario per riprogrammare il genoma della cellula adulta, bisogna capire che cosa, come imitarla, trovare il modo di fare a meno dei 23 cromosomi in più della cellula madre e di creare lo stesso delle blastocisti incapaci di svilupparsi oltre il 14mo giorno, cioè in un embrione, per non suscitare obiezioni morali.

Non siamo più nel 2004, spiega l’editoriale, niente annuncio clamoroso e nel paper non c’è la parola “clonazione” anche se nella prima serie di esperimenti la tecnica è proprio quella usata per la pecora Dolly. Inoltre i ricercatori hanno seguito ogni regola etica per procurarsi 270 oociti – in alcuni stati americani si possono vendere, a New York la tariffa è di 8.000 dollari per “ciclo” (circa 16 oociti). Nel 2004  Woo Suk Hwang ne aveva raccolti più di 2000 illegalmente, a volte ricattando le giovani ricercatrici del proprio lab. Alla fine non era riuscito a clonare niente, così aveva falsificato i dati.

A proposito di frode
C’è un articolo di Richard van Noorden sul recente boom di ritrattazioni. E a proposito di qualità della peer-review, ce n’è uno di Declan Butler sulla Faculty of 1000 che classifica gli articoli scientifici in funzione del punteggio attribuito a ciascuno dai suoi membri, circa 10 mila professori di biologia e medicina ma partecipano in pochi, e usa questo punteggio per classificare anche le riviste:

In cima, i soliti sospetti. Nel 2010, Nature è in testa per la biologia e il New England Journal of Medicine per la medicina. Ma se si scende nell’elenco, la valutazione della Faculty of 1000 diverge da quella per fattore d’impatto. “Siamo consapevoli che la correlazione con i fattori d’impatto non è esatta,” dice Richard Grant. I Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) “occupano un buon posto nella nostra classifica perché pubblicano un sacco di papers che sono ovviamente preziosi per la comunità”.

Per quella della Faculty of 1000 senz’altro, ma pubblicano anche fufa come si vede dalle ritrattazioni.
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Cicli e bisogni elementari
Non c’è uno ciclo elementare che sia a posto, siamo proprio nell’Antropocene. La rassegna deprimente di James Elsner e Elena Bennett comincia così:

Per soddisfare la richiesta di energia, l’umanità ha spostato masse di carbonio dal sottosuolo all’atmosfera, mettendo nei guai il clima. Per soddisfare la nostra  domanda di cibo, abbiamo spostato enormi quantità di azoto dall’atmosfera ai campi, ai fiumi e alle foreste, devastando ecosistemi.  Per far crescere le nostre colture, abbiamo interferito con le riserve terrestri di un terzo elemento, il fosforo, di cui la stampa parla molto meno e che ci pone l’eccezionale problema di averne insieme troppo e troppo poco.

Il flusso del fosforo è quadruplicato durante il secolo scorso, ormai è quasi a senso unico:

dalle rocce alle fattorie, ai laghi e agli oceani, con vistosi danni agli ecosistemi d’acqua dolce e costieri. Globalmente, le “zone morte” povere di ossigeno lungo le coste del mare producono un’espansione continua di fioriture d’alghe…

La soluzione è la solita: riciclare, riusare, ridurre. Anche gli autori sono per il riciclaggio spinto:

Latrine e gabinetti che separano l’urina possono contribuire sia a catturare nutrienti da restituire al suolo che a migliorare la situazione sanitaria nel terzo mondo. Già usata in Europa, la toilette NoMix cattura l’urina davanti e le feci dietro, e la prima viene riciclata su scala del condominio, del quartiere o della città. Analoghe latrine sono ora installate a Durban, con un finanziamento della fondazione  Bill & Melinda Gates.

Questa è da Nobel:

Altra soluzione low-cost: il Peepoo, un sacchetto monouso, self-sanitizing (contiene urea in polvere, ndt) e biodegradabile che raccoglie escrementi umani e può venir usato, e anche venduto, come fertilizzante da due a quattro settimane dopo. Per i più poveri dei poveri, potrebbe essere una rivoluzione trasformare i propri “rifiuti” in una fonte di reddito.

Come in Cina fino al secolo scorso. Circa 1 grammo di fosforo al giorno per 7 miliardi di persone fanno un bel po’ di tonnellate rinnovabili. Con il resto si fa biocarburante, come a Oslo. Con il tutto si tiene l’ambiente pulito e si aumentano i posti di lavoro.

Il Peepoo: infilato nella metà inferiore di una bottiglia in Pet o meglio in un piccolo secchio, ha sostituito – solo temporaneamente – le flying toilets a Kibera (Kenya), a Mymensingh (Bangladesh), a Haiti dopo il terremoto…