Amori (evo-devo)

A lungo la morfologia della fossa glenoidea della scapola ha interessato  gli studiosi dell’evoluzione umana,

scrivono i paleoantropologi Fabio De Vincenzo, Steven Churchill e Giorgio Manzi sul Journal of Human Evolution, con un incipit quasi proustiano.

In particolare, a interessarli era l’articolazione della spalla di un Neanderthal croato di circa 38-40 mila anni fa, ritrovata nella grotta di Vindija. Il posto fa rizzare le orecchie: nel genoma di Neanderthal in parte sequenziato a partire dal Dna ricavato da reperti di quella grotta, ci sarebbero geni acquisiti dai sapiens durante incontri ravvicinati del primo tipo circa centomila anni fa.

E se quella fossa scapolare glenoidea, si son chiesti i tre, potesse confermare o smentire gli incontri?

L’hanno scrutata con tutti gli strumenti a disposizione per accertarne la forma esatta, paragonandola anche con 67 fosse scapu-gleno. di umani moderni remoti e recenti, di altri Neanderthal d.o.c. ed

altri rappresentanti arcaici del genere Homo

tra cui uno che di nome fa Procuste.

Dalle analisi (molte) delle componenti principali – non si usano solo in paleoclimatologia – della morfologia delle varie fosse sca-gle, hanno estratto i tre elementi che consentono di identificare il trend dell’evoluzione e quanto di sapiens ci sia o meno nel Neanderthal croato.
– Ma c’è?
Calma.

Prima hanno dovuto anche escludere gli effetti della variabilità occupazionale, di quello che facevano per campare i vari A. africanus, Australopithecus sediba, H. heidelbergensis. H. sapiens et al.

Effetti significativi solo nel caso di scapola destra, a quanto pare mancini non ne avevano. Mentre una componente principale – la dimensione della fossa – variava nel tempo per tutti quanti, altre due

consentivano di distinguere i campioni di cacciatori-raccoglitori (i primi umani moderni del Pleistocene e i Fuegini) dai gruppi “post-neolitici” (libici del Fezzan e italiani del Medioevo).

Non c’è più privacy, signora mia. In sostanza, ci sono nette differenze nelle forme evolute dalle varie specie.
– E chissen… Si son voluti bene no?
Momento!

I Neanderthal di prima hanno fosse sca-g che non somigliano tanto alle nostre, mentre nei croati di circa 40 mila anni fa

sono più vicine a quelle degli umani moderni in generale e del tardo Pleistocene in particolare. La nostra conclusione è che questo sotto-gruppo di ‘tardi’ Neanderthal mostra un cambiamento nello sviluppo ontogenico che li colloca più vicino allo spazio morfologico occupato dall’H. sapiens.

Sviluppo ontogenico nel senso di “devo” in evo-devo.
– Allora è un sì!
Non è un no:

Mentre non possiamo escludere definitivamente altri scenari, notiamo che tale cambiamento è in accordo con l’evidenza paleogenetica di un’ibridazione tra Neanderthal e sapiens nel vicino Oriente tra 80 e 50 mila anni fa.

Evidenza anche negativa: le popolazioni africane attuali non hanno geni di Neanderthal al contrario di noi europei, che ne abbiamo un 2-4%. In compenso, ne hanno di altre specie.

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O forse è meglio dire sottospecie di ominini,, visti gli incontri ravvicinati dappertutto – e metterci dentro gorilla e scimpanzé, visto che i tre hanno tenuto conto anche della loro fossa.

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Foto.