Sherry


E’ morto Sherry Rowland, 84 anni, che era andato da ogni membro del Congresso ad “attaccargli un bottone” sui rischi dei clorofluorocarburi (CFC). Il primo “grassroot movement” siamo stati noi due, diceva sua moglie Joan, metà svedese e alta quasi come lui, che lo accompagnava e gli prestava man forte.

Finché impressionato o dal ragionamento o dalla tenacia o dalla stazza degli interlocutori (lui aveva un passato da quarterback – mi sembra – di baseball, e dopo la Navy anche da semi-pro in Canada, risultato: parecchie fratture, dal 2006 camminava con un bastone) l’eletto prometteva di aiutarlo a richiudere il buco dell’ozono.

I soliti “scettici” prezzolati hanno fabbricato la solita controversia attorno alle sue ricerche alla UC Irvine con Mario Molina – che aveva una green card, ufficialmente non era del grassroot movement.

Gli argomenti erano sempre gli stessi, scienziati noti che dubitano, figuriamoci se le bombolette spray potevano danneggiare lo strato d’ozono, e anche se lo danneggiavano i raggi UV abbronzano quindi fanno solo bene; quei due erano contro i valori americani, volevano colpevolizzare le donne che usavano la lacca per i capelli ecc. Nel giro di un paio d’anni,  il “consenso” degli scienziati c’era, ma  la campagna è andata avanti anche dopo la scoperta del buco nell’ozono sopra l’Antartide nel 1984, fino al protocollo di Montréal.

Entrambi erano chimici più sul versante fisica, si erano messi a seguire l’evoluzione dei CFC in atmosfera quasi per caso. “A parte Mario, non ci aveva pensato nessuno, non c’era niente in biblioteca, il campo era sgombro, we’re self-made atmospheric chemists”.

A difesa di alcuni dirigenti della DuPont che all’inizio finanziava le ricerche, gli hanno “lasciato usare il loro Rolodex”.  (Non so se in senso letterale o figurato.)

Sherwood, “call me Sherry”. E Joan: “Like Clinton’s bimbo” che però aveva una s finale.

Rif.  Real Climate anche per i link ad altre testimonianze (grazie Paolo C).