Passeggiata nell'aldilà

Altro cover boy italiano elogiato su Nature. Jacopo Bertolotti dell’università di Firenze e di Twente – già in copertina per il volo di Lévy con un amico belga e uno olandese – pubblica una ricerca di fotonica spettacolare in senso hollywoodiano. Ne ha anche curato la divulgazione:

Moltissimi materiali, come la carta, la pelle o il vetro smerigliato, appaiono opachi perché diffondono la luce. In questi materiali la luce non può muoversi in linea retta, ma solo seguendo un cammino irregolare e casuale (in gergo tecnico: un cammino aleatorio). Di conseguenza risulta impossibile ottenere un’immagine chiara di un oggetto nascosto dietro un materiale del genere. Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi metodi per ricostruire un’immagine nitida attraverso materiali semi-trasparenti. Ma con questi sistemi non è mai possibile vedere attraverso un materiale completamente opaco.

(Aggiunto link al cammino/passeggiata)

Una collaborazione fra l’Università di Firenze ed il MESA+ Institute all’Università di Twente (Olanda) è adesso riuscita a fare proprio questo. I ricercatori hanno fatto incidere sullo schermo opaco un fascio laser, illuminando così l’oggetto nascosto con la luce diffusa. L’intensità dell’alone di luce fluorescente visibile attraverso il vetro opacizzato è stata poi misurata al variare dell’angolo di incidenza del fascio laser. Il Prof. Mosk, il coordinatore del gruppo di ricerca olandese,

(Jacopo B. è il gruppo di ricerca italiano. Al suo posto altri si autocitavano, ma lui è un signore.)

fa notare che: “Mentre la misura della fluorescenza non può essere direttamente usata per ottenere un’immagine dell’oggetto originale, essa nasconde tutte le informazioni necessarie per farlo. Solo che queste non sono in una forma direttamente utilizzabile. Jacopo Bertolotti ed Elbert van Putten, i due primi autori di questo articolo, hanno avuto una brillante idea su come estrarre da questa misura abbastanza informazioni da permettere la ricostruzione dell’immagine”. Questo può essere fatto tramite un algoritmo iterativo che cerca di indovinare le informazioni mancanti e poi, progressivamente, raffina e verifica l’ipotesi iniziale. Con questo metodo sono riusciti a ottenere l’immagine di un oggetto nascosto grosso appena 50 micrometri (la dimensione tipica di una cellula).

Per le applicazioni

I ricercatori prevedono che il loro lavoro porterà a nuove forme di microscopia, capaci di formare immagini nitide in mezzi fortemente diffusivi.

Forme utili in nanotecnologie, diagnostica dei materiali e magari in diagnostica perché è un sistema di imaging più preciso e molto meno invasivo di quelli attuali. Potrebbe identificare per es empio una micro- o nano-capsula sottocutanea che libera un farmaco solo dove serve, e sapere se è al posto giusto.