Ambivalenza (o's digest)

La settimana scorsa a Addis Abeba c’era l’Africa Green Revolution Forum, sponsor il Fondo canadese per la ricerca sulla sicurezza alimentare. Sto leggendo un po’ di materiali. Dieci anni di impegni –  riassunti in giugno nella dichiarazione di Malabo – per accelerare lo sviluppo agricolo e far uscire i contadini (80% donne) dalla miseria sono tuttora pie intenzioni. I discorsi sulla distribuzione iniqua della ricchezza, in un albergo di lusso, e da parte di gente con il rolex d’oro e la montblanc, fanno impressione.

Le “organizzazioni della società civile” erano quelle gradite ai governi, d’altronde l’attuale governo etiopico non facilita la libertà di espressione. Insomma segnalo interventi da leggere tra le righe e discutere, partendo dalla sintesi ufficiale che elenca le priorità in un contesto di cambiamenti climatici accelerati e di crescente variabilità delle piogge stagionali:

Africa Agriculture Status Report 2014 , nonostante la carenza di dati – un leitmotiv – in particolare sulle risorse idriche
– Gavin van der Nest di Tralac (sito pieno di analisi e studi, a volte contradittori, rif. per esempio quelli su libero mercato, marketing ecc.) su cambiamenti climatici e sicurezza alimentare
– Wanjiru Kamau-Rutenberg, di AWARD, sull’assenza di riforme agrarie che penalizza le donne più povere, un po’ diplomatica anche lei (land grabs? le terre confiscate da Mugabe agli agricoltori bianchi date a parenti, amici, fedeli del partito, generali che non hanno mai coltivato nulla? Anche quando i braccianti ne erano co-proprietari perché erano cooperative?)

La Tanzania si è dotata di un monitoraggio indipendente dei fondi e dei risultati, nella speranza di frenare la corruzione. Idem il sistema di sussidi via cellulare progettato da Akinwumi Adesina, un ricercatore della CGIAR diventato ministro dell’agricoltura in Nigeria. Per ora è applicato solo in sei o sette stati dove non c’è la guerra.

Un  esperimento di lungo corso per aumentare le rese è quello del consorzio CGIAR, in Kenya sopratutto, sempre partendo da cambiamenti climatici e sicurezza alimentare. Era stato ideato da Pedro Sanchez 15 anni fa, se ne riparla il 25 settembre alla Columbia University di New York, e durante il vertice dell’ONU sul clima.

Quando ho tempo continuo, per il contesto e voci più critiche rimando a scidev. net, e al numero speciale di Probe international.

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Da Nature:
–  editoriale su Ebola e articolo di Daniel Kelly, prima di tutto servono centri diagnostici e test standardizzati. Repetita, ricordo quando Ilaria Capua ne chiedeva nel 2003 per tutte le zoonosi, con lo stesso argomento di buon senso

  • the costs of setting up infrastructure to ensure an early response are small compared with the huge social and economic costs of a large deadly disease outbreak.

e i governi rispondevano, sì, certo, ma poi se il large disease outbreak non c’è?
– Jane Qiu riferisce della ricerca “preliminare” che correla il riempimento degli invasi di due megadighe sullo Yangtse a un aumento dell’attività sismica e al terremoto nello Yunnan che ha fatto oltre 600 vittime un mese fa:

  • Debate is already raging about whether the 2008 quake in Wenchuan county, which killed at least 70,000 people (see Nature 459, 153–157; 2009) was linked to the filling of Zipingpu reservoir in Sichuan province. Fan was one of the first to raise the possibility, and his suggestion was followed up by other researchers who have reported, for instance, that the reservoir might have brought forward the occurrence of the quake by tens to hundreds of years (S. Ge et al. Geophys. Res. Lett. 36, L20315; 2009).
  • After the 3 August quake in Ludian county, discussion turned to two newly created reservoirs, the nearest of which, Xiluodu, is 40 kilometres from the epicentre (see ‘Of dams and quakes’).

La ricerca, basata sui pochi dati disponibili che il governo non considera “segreti di stato”, dovrebbe uscire su Probe international, se non fa rischiare la galera all’autore. Per ora è confermata da Yang Yong, altro geologo avanzo di galera…

ennesimo articolo sui rapporti IPCC che non possono più reggersi sul volontariato. Sarà ma chi vuol fare il bersaglio degli attacchi bigoilisti a tempo pieno in cambio di uno stipendio da impiegato del WMO?
Raffaele Ferrari, MIT-Woods Hole, sottolinea l’importanza della ricerca di Amy Whitehouse et al. su come sprofondano e riemergono le acque degli oceani in una sorta di “termostato planetario”.

Parentesi
In tema, Telegraph Cove segnala questo paper di ricercatori del JRC su PLoS One, con una correlazione statistica delle “pause” dal 1850 in poi, come se si accendesse un termostato ogni 60 anni, com. stampa:


Fine parentesi

–  la giovane genetista dei primati, noi compresi, Lucia Carbone dell’OHSU et al. pubblicano in open access – grazie! – il genoma completo di Asia, una gibbone “dalle guance bianche” (Nomascus leucogenys) e, con meno dettagli, quello degli altri gibboni (HylobatesHoolock, Symphalangus), diversificati circa 4-6 milioni di anni fa, e tutti a rischio di estinzione. Come per le api da miele di ieri, la parte più affascinante per i non addetti, è la loro storia evolutiva. Potrebbe essere andata così:

  • One possibility is that a combination of geographic isolation and post-mating reproductive barriers accelerated the radiation of the four gibbon genera. Our estimates dated the lineage-splitting event to the Miocene–Pliocene transition, when major changes in the distribution of tropical and subtropical forests were caused by the elevation of the Yunnan plateau and rise in sea levels. Furthermore, fluctuation in sea levels beginning in the Early Pliocene appears to have brought about cycles of forest fragmentation and amalgamation, leading to alternating range compression and expansion for many mammalian groups. 

Da confrontare con la nostra storia, da quando Toumai viveva sulle rive verdeggianti del lago Tchad, 6-7 milioni di anni fa.

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Da Science:
– speciale “Global Health” sugli interventi sanitari efficaci nei paesi poveri, con analisi, case histories, rassegne, programmi di ricerca (“Prospectives”) e un sacco di dati. Molti articoli sono in open access – almeno tra quelli che ho già letto –  ma non i tre su Ebola. Una scelta editoriale che trovo inspiegabile, tanto più che tutti e tre chiedono più condivisione, trasparenza ecc. per accelerare gli interventi.

Tanto più che nello stesso numero c’è un paper di psicologia sull’agire morale negli esperimenti di laboratorio e nella vita quotidiana.

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Esasperato dalle bufale cresciute come funghi nell’estate piovosa, Carlo Cacciamani rispiega con santa pazienza la differenza tra “previsioni del tempo” e “simulazioni del clima”. Poi interrogo.