Cari orecchietti di radio pop,
Oggi l’ospite è Cristian Lussana del comitato scientifico, un ascoltatore di Bergamo ex precario e poi ricercatore all’ARPA, che ha vinto un concorso da ricercatore all’Istituto meteorologico norvegese.
L’anno prossimo compie 150 anni – ma no! il Servizio… – e tra altre missioni deve raccogliere i dati indispensabili ai modelli di simulazione/evoluzione del clima, indispensabili a loro volta per preparare gli interventi che dovrebbero tamponare i danni dovuti alle nostre emissioni di CO2.
(Il reverendo Bayes, autore del teorema omonimo)
Come analizzare i dati che ci sono (e non ci sono) è la specialità di Cristian, che ci scrive (link aggiunto):
lavoro nel lato nascosto della climatologia, sulla raccolta dei dati meteo, la determinazione dell’incertezza degli stessi e l’interpolazione spaziale per capire cosa accade dove non abbiamo misure. In pratica, quello che ho fatto in Italia e poi in Norvegia è cercare di determinare cosa succede dove nessuno guarda: quanto piove dove non si hanno misure di pioggia, che temperatura si ha dove non ci sono termometri… e così via.
Oggi, siamo in grado di osservare il pianeta come non mai e la quantità di dati raccolti è enorme: satelliti, strumenti vari di remote sensing (radar e molto altro), le care vecchie stazioni meteo. Ma bisogna combinarli, giudicarli, tenere conto che nel tempo variano di qualità e quantità…
Si possono utilizzare modelli numerici fisico-dinamici (come quelli per le previsioni del tempo), oppure si possono utilizzare tecniche statistiche.
Io ho una formazione da fisico, per cui ovviamente mi sono ritrovato ad occuparmi di tecniche statistiche 🙂 (la natura è nemica della linearità) che vengono usate per ottenere i campi (risoluzione 1 km, tipo) delle grandezze climatiche nei pressi della superficie terrestre.
Qui viene il bello:
Utilizzo tecniche statistiche di tipo Bayesiano. Sono al corrente del gran dibattito aperto fra “frequentisti” e “Bayesiani” in ambito statistico.
Personalmente, la statistica Bayesiana mi affascina, perché pare mettere in crisi uno dei fondamenti del metodo scientifico: l’obiettività. Infatti, esplicitando il ruolo dell’informazione ti sbatte in faccia il fatto che a partire dalle stesse osservazioni della realtà si possono giungere a conclusioni diverse (ciascuna con una propria incertezza), in funzione dei propri pregiudizi.
Guarda caso, secondo l’oca s. nasciamo tutti bayesiani, frequentisti semmai si diventa.
Siccome un pezzo di Norvegia è nel circolo artico, ne approfittiamo per chiedere a Cristian se ci sono già le zanzare come a Milano come sta la banchisa che il 25 febbraio scorso avrebbe raggiunto il minimo del suo massimo, diceva il National Snow and Ice Data Center statunitense.
O forse no, stando a questi grafici del Servizio meteo norvegese.
Non che in Antartide vada molto meglio, la fusione delle piattaforme glaciali – scrivono oggi Fernando Paolo et al. su Science – è passata
da una perdita quasi trascurabile di 25 ± 64 km3 all’anno nel 1994-2003 a una veloce di 310 ± 74 km3 all’anno nel 2003-2012. Le perdite nell’Antartide occidentale sono aumentate del 70% nell’ultimo decennio e si è fermato il precedente aumento di volume delle piattaforme orientali. Nelle regioni di Amundsen e Bellingshausen, alcune hanno perso il 18% del proprio spessore in meno di 20 anni.
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Nel post di ieri, trovate i link alle due notizie date in coda, sulla scoperta megagalattica di Paolo Tombesi e sulla nascita di 3000 gatti di Schrödinger tutti in una volta e tutti entangled – come dire taggati – da un fotone solo.
E qui il podcast, Cristian Lussana merita…