Boycott Elsevier II


Giancarlo (IbeC) segnala questo articolo di Slate/Inside Higher Ed

All six editors and all 31 editorial board members of Lingua, one of the top journals in linguistics, last week resigned to protest Elsevier’s policies on pricing and its refusal to convert the journal to an open-access publication that would be free online. As soon as January, when the departing editors’ noncompete contracts expire, they plan to start a new open-access journal to be called Glossa.

(31  membri del comitato scientifico, in realtà). Come i matematici nel 2013, anche i linguisti si sono stufati di lavorare gratis – salvo il direttore che prende 5000 euro lordi/anno per 2-3 giorni di lavoro alla settimana e “guadagnerebbe di più a scaldare hamburger” – per un editore che tende all’estorsione:

Prices quoted on the Elsevier website suggest that an academic library in the United States with a total student and faculty full-time equivalent number of around 10,000 would pay $2,211 for shared online access, and $1,966 for a print copy.

La decisione è stata applaudita dall’Associazione delle università pubbliche americane, alle quali Elsevier – come gli altri 4 editori dell’oligopolio – fattura “pacchetti” preconfezionati di riviste a prezzi che tendono all’estorsione. Detto con più diplomazia:

“While we do not know all the details of Lingua’s particular case, it’s abundantly clear that the frustrations of its editors and editorial board are widespread. Scholars, librarians, and university administrators are committed to the free exchange of ideas and information and a growing number find that dissemination of knowledge is being significantly hampered.  In a day and age when the public can get information from seemingly unlimited sources, the world of academic publishing has been more consolidated into a limited number of tightly controlled channels.”   

Visto l’articolo su Inside Higher Ed e le reazioni poco lusinghiere che generava, l’editore ha replicato, prima accusando redattori e membri del com. editoriale di volersi “impossessare” della rivista e poi difendendo il valore che aggiunge alle proprie riviste e che traduce in profitti attorno al 40% (25% per il gruppo Reed Elsevier). Le reazioni sono state ancora meno lusinghiere, il valore essendo aggiunto dal lavoro non retribuito dei redattori che hanno fatto di Lingua “one of the top journals”.

In attesa che Glossa inizi a gennaio con questa formula di open access, se ne discute qui.

Giancarlo (IbeC) dice che la notizia è da prendere in considerazione, ha ragione, ma penso di non essere la persona giusta. My two cents anyhow…

La Società americana di linguistica, che pubblica Language, è preoccupata della rivolta perché, come molte società scientifiche, usa i profitti della rivista per finanziare convegni, borse ecc. che la quota d’iscrizione non basta a coprire. Forse dovrebbe temere di più l’irrilevanza politica della disciplina.

I matematici “combinatorialisti” di Boycott Elsevier-I erano un gruppo compatto, pieno di “star” internazionali che contribuiscono alla fama delle loro università e ai rispettivi costi di iscrizione. Non esiste un equivalente della medaglia Fields o del Nobel in linguistica, storia, scienze politiche, letteratura italiana e altre materie ritenute “solo” culturali e quindi superflue.

Tolto un Noam Chomsky o un Umberto Eco – famosi per altri motivi – quali sarebbero le star della linguistica? Quanti paesi hanno una rivista bilingue di storia come Les Annales e con lo stesso sostegno istituzionale?

Rispetto a quelle scientifiche e tecniche, le discipline umanistiche sono locali, com’è locale la protesta quando vengono colpite dai tagli alla spesa. Se si fossero unite in una collaborazione interuniversitaria (mi sembra), si sarebbero già dotate di un deposito globale come hanno fatto i fisici 25 anni fa con arXiv.

Fatte le solite eccezioni invece, in ogni paese cercano di far sopravvivere riviste di nicchia. A volte è la nicchia di un singolo barone, come si vede da quelle elencate dall’ANVUR. In Italia è vero anche per l’ingegneria, rif. per esempio Meccanica, ai tempi di Carpinteri direttore, o per la biologia rif. per esempio l’Italian Journal of Anatomy and Embriology dell’Università di Firenze.

(Oggi in radio mi sono accorta che era la prima volta dall’inizio delle Oche a Radio popolare che parlavamo di chimica. Non è una coincidenza: è una materia con poche riviste in open access e senza un arXiv.)

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Certi finanziamenti, per esempio della Templeton Foundation (1), comprendono la spesa per l’open access. Così i  fotonisti Silvia Gentilini, Claudio Conti dell’Istituto dei sistemi complessi del CNR (2) et al. della Sapienza e dell’Università dell’Aquila hanno pubblicato su Scientific Reports le misure del tasso di decadimento quantizzato di onde d’urto luminose, dimostrando che non c’è verso di fare tornare il decadimento indietro nel tempo. Dal com. stampa:

“Nessuno prima d’ora aveva mai testato empiricamente questa teoria. Per simulare un oscillatore di Glauber, abbiamo fatto passare un raggio luminoso attraverso un liquido fototermico. Il liquido assorbe la luce e la defocalizza rendendola simile a un oscillatore quantistico invertito e rende più facile individuare la quantizzazione dei decadimenti. Avendo ottenuto questa prova sperimentale, possiamo affermare che la teoria è verificata, anche per quanto riguarda la freccia del tempo”, aggiunge Conti.

Roy Glauber – aggiungo io – è il prof di Harvard e Nobel per la fisica 2015, nella foto con il cappello da contadino vietnamita in testa. Ogni anno dal 1990, salvo assenza giustificata, durante la cerimonia dei premi IgNobel spazza via gli aeroplanini di carta lanciati dal pubblico sul palco. (Fa anche altro. Qui prova il reggiseno-maschera antigas, premiato nel 2010.) Questo è il suo oscillatore armonico quantistico:

e quello inverso simulato da Gentilini et al. è questo.

(1) Non penso che la freccia del tempo abbia molto a che fare con “l’agenda religiosa” della Templeton.

(2) Noto anche per il “laboratorio cristiano a maggioranza cattolica” del “prof.” Fabio Cardone e del suo collega.

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Towards COP21

  • bye bye Keystone XL, Jim “avanzo di galera” Hansen et al. stanno festeggiando;
  • è uscito il sondaggio Pew sul clima, in tutto il mondo prevale il timore della siccità e la richiesta di interventi
  • Factcheck elenca le menzogne sul clima di Lamar Smith, presidente del comitato del Congresso per la scienza, lo spazio e la tecnologia
  • Exxon Mobil e Peabody Energy (carbone) sono indagati per propaganda menzognera sul clima
  • l’American Meteorological Ass. pubblica l’analisi di 28 “eventi estremi” del 2014 e trova un’influenza del clima in quasi metà dei casi (Lamar Smith non può perseguitare gli autori, sono quasi tutti stranieri)
  • secondo i calcoli di Nick Stokes, le temperature di ottobre battono un altro record di caldo
  • L’AAAS, segnala Riccardo Reitano, ha messo sul suo sito il video della conferenza sul “50th Anniversary of the First Official Climate-Change Warning to a U.S. President”. Si riferisce al report consegnato il 5 Novembre 1965 al Presidente Lyndon B. Johnson. Il report di argomento generale sull’inquinamento ambientale, contiene anche una sezione sul “inquinante invisibile” dovuto ai combustibili fossili. 

5 commenti

  1. Errata: Glauber è Nobel 2005
    Su Elsevier non servono gestoni, basta che le comunità si organizzino, come i fisici nucleari/particelle che quasi non pubblicano più.

  2. Towards COP21 ci sarebbe anche l’iniziativa della AAAS sul “50th Anniversary of the First Official Climate-Change Warning to a U.S. President”. Si riferisce al report consegnato il 5 Novembre 1965 al Presidente Lyndon B. Johnson.
    Il report di argomento generale sull’inquinamento ambientale, contiene anche una sezione sul “inquinante invisibile” dovuto ai combustibili fossili.

    1. Ups, grazie Andrea, corretto.
      Secondo me i gesti servono per avvisare la comunità. Per i fisici è stato più facile, buona parte lavorava sugli stessi esperimenti/macchine e caricava già dati e bozze sul server dello SLAC o del JPL. In altre materie la comunità non è così unita. E dovete pubblicare anche voi mi sembra, per tanti motivi, grants carriera ecc.

      Grazie Riccardo, aggiunto sopra.

  3. Nono, mi son spiegato male.
    I gesti come la rinuncia del comitato editoriale sono fondamentali. In massa o meno dipende.
    Però sicuramente non basta da sola, la parte fondamentale è la reazione del resto della comunità, che anche se frammentata rimanga unita senza approfittatori ad approfittare del vuoto di potere.

  4. Penso che un sistema come arxiv possa essere generalizzato a qualsiasi campo scientifico.
    Mi spiego: se i linguisti volessero un archivio come arxiv, allora potrebbero utilizzare arxiv dopo qualche tavolo tecnico; e questo potrebbe essere utilizzato in qualsiasi campo di sapere.
    Il vantaggio sarebbe il non ripartire da capo, con costi di database, gestione del sito, server ed altro; con un sistema già funzionante; arxiv come alternativa alla pubblicazione scientifica ad Elsevier.
    Sono sicuro che arxiv accetterebbe qualche spicciolo corrisposto a Elsevier, per tagliare fuori definitivamente Elsevier.
    L’unica cosa che contesto ad arxiv è la nuova politica di endorsement, che rende difficile pubblicazione di risultati al di fuori della comunità accademica, ma in generale è migliore di Elsevier, perché permette la consultazione dei risultati scientifici, bloccati da Elsevier, in qualche istante di ricerca on-line.

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