Le Oche e la Grande Muraglia Verde

cari orecchietti di radiopop,

Michele Salvan e altri membri del nostro comitato scientifico di Agraria, alla Statale, hanno scelto di parlare di afforestazione, deforestazione, riforestazione, cioè della Grande Muraglia Verde africana, a partire da questa ricerca che li ha entusiasmati.

Qui la muraglia è gialla… Pazienza.

E’ un’iniziativa che dovrebbe combattere la desertificazione, ripristinare 50 milioni di ettari di terreno coltivabile, garantire la sicurezza alimentare di 20 milioni di persone, creare 350.000 posti di lavoro, sequestrare 250 milioni di tonnellate di carbonio

piantando con alberi e arbusti una cinta larga 15 km che va da Dakar a Djibouti [7.770 km]… il più possibile continua che può essere deviata per aggirare ostacoli o collegarsi a zone abitate.

Il progetto è coordinato da un’agenzia pan-africana, e soprattutto dalla Great Green Wall Initiative for the Sahara and Sahel (GGWSS). Il 7 febbraio prossimo a Khartoum, ci sarà una riunione dei ministri dei 21 paesi coinvolti per fare il punto della situazione.

Non rosea, ma dopo una serie di errori, potrebbe cambiare. La Banca Mondiale, la FAO, i governi occidentali che hanno promesso finanziamenti potrebbero convincere gli amministratori locali a dar retta ai ricercatori e alle Ong: quando mandano squadre a piantare alberi, l’80% muore entro due mesi.

Intervallo sonoro

Attorno alla muraglia di cui si parla dal 1952, sono sorte iniziative dal basso, meno costose, meno burocratiche, e dai buoni risultati per esempio in Niger, Mali, Burkina Faso, Malawi, Etiopia… Più o meno in tutti i posti dove i contadini hanno gestito le operazioni, scelto le specie che conoscevano meglio come l’Acacia senegal, erano già coinvolti in altri progetti come il risparmio idrico ecc.

Nel Sahel, le emissioni di CO2 hanno rallentato in parte la desertificazione. Hanno anche contribuito al greening della Terra, un “rinverdimento” concentrato nell’emisfero nord che in trent’anni ha perso terreni agricoli ora coperti di alberi e arbusti in Russia come in molti paesi dell’Unione Europea.

D’accordo, gli alberi non sono commestibili e quel verde in più non garantisce la sicurezza alimentare in tempi di riscaldamento globale. Ma conserva l’umidità, preserva dall’erosione e dalle tempeste di sabbia e polveri, rende l’aria più respirabile, ospita altre specie…

Intervallo sonoro bis?

La Cina l’ha capito al volo, continua la riforestazione iniziata quasi vent’anni fa, ma da due anni la deforestazione è tornata ad aumentare in Amazzonia e nel sud-est asiatico deve ancora calare.

(Ma voi l’avete letto L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono?) E le news che ci stanno.

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