"Uno sporco lavoro"

Il titolo è di Mauro Sylos Labini della Sant’Anna‘Università di Pisa che, con due colleghi dell’Università Aalto ha fatto una ricerca sulle pubblicazioni di autori italiani nelle riviste predone, riassunta su La VoceHanno identificato >6000 articoli.

Our database includes the CVs of more than 46,000 researchers seeking promotion in Italian academia. The sample accounts for around 61% of assistant professors and 60% of associate professors in the country. According to our findings, about 5% of these researchers have published at least once in a journal covered by Beall’s list. Predatory publications are relatively more frequent in departments with lower research quality, in universities located in Southern Italy, and in engineering, economics and business. We also observe that novel researchers are significantly more likely to engage in predatory publishing.

Nonostante il tema delicato, hanno risposto 584 autori su 1088 contattati: oltre il 95% non aveva mai sentito parlare della lista di Beall, ne deduco che non leggono le riviste scientifiche più quotate del proprio settore.

Come si usa fare in sondaggi simili, Sylos-Labini et al. mettono in conto una probabile serie di “bias”:

In general, we expect these biases to lead to the underreporting of malpractices and, in this respect, our results should probably be interpreted as a lower bound of the actual degree of fraud.

Conclusione:

The propensity to publish in predatory journals differs substantially across fields. In sciences and in medical sciences, only 0.4% of articles in English were published in a predatory journal. The figure is larger in social sciences and humanities (0.7%) and in Engineering (1.6%), and it is the highest in economics and business, where 4.1% of all articles in English were published in a journal classified by Beall as predatory.

Nel loro campione di 268 riviste tratte dalla lista di Beall, 74 sono indicizzate da Scopus, la “lista bianca” più usata, di cui 27% è “dodgy”, secondo i sondati, mentre è “legitimate” quasi metà di quelle incluse nella  “lista nera” di Beall, la più ignorata.

Può darsi, ma i criteri di Beall sono quelli della “librarian science” che i sondati non conoscono. Su una cinquantina  – alcuni validi anche per gli editori tradizionali – quelli discutibili mi sembrano: le linee-guida ricopiate dai siti di altri editori (sono quelle di COPE, se corrispondono alla realtà che problema c’è?); l’auto-promozione esasperata (così fan tutti) e trattandosi di riviste internazionali, la scarsa “diversità geografica” di direttori, redattori, membri dei comitati editoriali e autori (sono recenti quindi è normale che l’editore sia più noto nel proprio paese).

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O’s digest da Science
– Martin Ensenrink racconta il seguito della rissa tra il governo belga e l’International Polar Foundation che ha costruito e ne gestisce la “futuristica” stazione Princess Elisabeth Antarctica: cancellata anche questa stagione di ricerca;
– Rema Hanna, di Harvard, parla bene di questa ricerca di Karthie Mulhidaran et al. del Poverty Reduction Lab dell’UC San Diego, nello stato dell’Andar Pradesh dove 19 milioni di persone hanno ricevuto una Smartcard con la quale ricevono direttamente sussidi e pensione. Rispetto ai distretti dove ancora non è stata distribuita

the new system delivered a faster, more predictable, and less corrupt NREGS payments process without adversely affecting program access.

Da far girare tra le Ong.
– con un’ottantina di sedimenti carotati nei fondali (il delta di O16 e O18 negli strati di plancton), Jeremy Hoffman et al. hanno ricostruito la temperatura della superficie marina durante l’ultima era interglaciale da 129 mila a 116 mila anni fa:

The global mean annual values were 0.5°C warmer than they were 150 years ago and indistinguishable from the 1995–2014 mean. This is a sobering point, because sea levels during the last interglacial period were 6 to 9 m higher than they are now.

Nel corso di 10 mila anni la temperatura era diventata di 2 °C maggiore di oggi e il livello del mare si era alzato per via di un’oscillazione di Milankovic. In compenso la concentrazione atmosferica di CO2 era inferiore a quella di oggi.

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La Larsen C continua a tentare la secessione dall’Antartide, immagini dalla BBC.

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