Made in China

In gennaio, i satelliti della NASA mostravano finalmente una riduzione del “buco dell’ozono” sopra l’Antartide. Potrebbe durare poco.
Sopra l’emisfero nord, dal 2013 aumenta la concentrazione atmosferica del CFC-11, un gas refrigerante che distrugge lo strato d’ozono in alta quota, scrivevano Stephen Montzka della NOAA et al. su Nature nel maggio scorso. Stando alle misure fatte dall’osservatorio di Mauna Loa, nel 2006 le nuovi emissioni erano “prossime allo zero”. Poi sono riprese in “Asia orientale”, il tasso di riduzione è diminuito del 50%, eppure i paesi firmatari del protocollo di Montreal giurano di averne eliminato totalmente la produzione nel 2010.
I giornali parlavano di “fonte misteriosa”, ma i paesi sospettati di raccontare frottole nei loro rapporti all’Onu erano la Cina e in subordine l’India. L’Environmental Investigation Agency (EIA) ha usato il gradiente di concentrazione che si vede nelle mappe satellitarie, per rintracciare a terra la “fonte misteriosa” e oggi pubblica i risultati dell’indagine.
Sui 21 produttori identificati e visitati a sorpresa, 18 sono in Cina:

  • EIA has evidence from eighteen companies in ten provinces that they use CFC-11. Detailed discussions with company executives make clear that these are not isolated incidents but instead represent common practice across the industry.

Dalle loro stime, la maggioranza dell’incremento è dovuta alla produzione cinese di “polieteri” e “poliuretano”. Illegali certo, dannosi per la salute, l’ambiente e il clima – ma bustarelle comprese “costano meno”.
Non sono destinati soltanto all’edilizia locale. Tra il 2012 e il 2016, la Cina ne ha esportato rispettivamente 413.000 e 128.000 tonnellate nel Sud-est asiatico e nel Medioriente, ma anche negli Stati Uniti e in Turchia. Alcuni trafficanti si son fatti beccare:

  • In January 2014 Russia’s Ministry of the Interior detained and arrested criminals engaged in smuggling ODS including 18.8 tonnes of CFC-11 from China into the Russian Federation. […] The seized refrigerants were of Chinese origin and were transferred from original cylinders into ones labelled as containing ozone-safe refrigerants. 

Rif. anche The Guardian.

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Cambio di dieta
La FAO pubblica The State of World Fisheries and Aquaculture 2018. I consumi continuano ad aumentare più velocemente della popolazione, e nel 2016 hanno superato quelli di carne.

  • In 2016, 88 percent of the total fish production (151 million out of 171 million tonnes) was for direct human consumption. This share has increased significantly in recent decades, as it was 67 percent in the 1960s. 

La pesca è sempre meno sostenibile, refrain. Il Mediterraneo è il più spopolato seguito dal Mar Nero, ma per definizione i dati ufficiali escludono la pesca illegale, prenderei la classifica con parecchio sale. In tonnellate, il merluzzo dell’Alaska batte per la prima volta l’acciuga del Perù – per via del Niño secondo me, l’anchoveta è da record negli anni della Niña.
Dagli anni Novanta, l’aumento della produzione è dovuto agli allevamenti. Sono concentrati nei paesi in via di sviluppo spesso privi di una catena del freddo, quindi riducono poco gli sprechi:

  • Loss or wastage between landing and consumption decreased, but still accounts for an estimated 27 percent of landed fish.

Compresi granchi, gamberi, crostacei ecc. sono del 35% – nella media della produzione alimentare, insomma.

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A proposito…
Su Nature Sustainability, Julia Steinberger del Sustainability Research Institute all’università di Leeds et al. combinano indicatori biofisici e sociali per calcolare quante risorse un paese consuma per soddisfare i bisogni primari. Il risultato non sorprenderà nessuno, penso, ma sia i dati aggregati per paese che i confronti tra i paesi saranno utili alle Ong:

  • No country performs well on both the biophysical and social indicators. In general, the more social thresholds a country achieves, the more biophysical boundaries it transgresses, and vice versa… For example, although the United States achieves the threshold associated with a good life for 9 of the 11 social indicators, it transgresses the per capita boundary for all 7 biophysical indicators. In contrast, Sri Lanka, which does not transgress any of the biophysical boundaries, only achieves sufficient outcomes on 3 of the social indicators.

Conclusione

  • Overall, our findings suggest that the pursuit of universal human development, which is the ambition of the Sustainable Development Goals, has the potential to undermine the Earth-system processes upon which development ultimately depends. But this does not need to be the case. A more hopeful scenario would see the SDGs shift the agenda away from growth towards an economic model where the goal is sustainable and equitable human well-being. However, if all people are to lead a good life within planetary boundaries, then the level of resource use associated with meeting basic needs must be dramatically reduced.

Ted Nordhaus – di The Breakthrough Institute, una cricca iperliberista nota per produrre “aria fritta” – accusa il paper di essere neo-malthusiano e di voler “imporre limiti pseudo-scientifici” alla “società”, parola con la quale intende “libero mercato”:

  • To understand the human experience on the planet is to understand that we have remade the planet again and again to serve our needs and our dreams.

Nella realtà, il 99% di noi non s’è mai sognato di rifare e rifare il pianeta perché l’1% si tenga la metà della ricchezza, o perché l’86% delle risorse sia consumato dal 20% degli abitanti dei paesi più ricchi.
Julia gli rende pan per focaccia.